Povertà non fa rima con salute. Almeno quattro milioni di persone hanno dovuto fare i conti con le lunghissime liste d’attesa per le visite specialistiche della sanità pubblica e con i costi inaccessibili del privato. E più la popolazione invecchia più la situazione si farà drammatica
«Sto rimandando da tre mesi le mie visite mediche. Da quando mi hanno diagnosticato l’endometriosi ho già speso 400 euro di visite e analisi e adesso non riesco proprio a permettermele. Nel pubblico mi hanno detto che avrei dovuto aspettare quasi un anno per un’ecografia. Non è possibile». Francesca, finito di pronunciare queste parole, scuote la testa agitando la confezione di medicine che deve assumere ogni giorno. È una giovane donna a cui è stata diagnosticata una malattia cronica e attualmente percepisce un assegno di disoccupazione. Da mesi rimanda le visite di controllo, poiché con gli ottocento euro di Naspi, l’assegno di indennità di disoccupazione, deve per forza operare una scelta fra salute e sussistenza, mettendo a rischio la sua salute fisica.
Nel corso del 2020, secondo i dati Istat, il 7% della popolazione italiana ha dovuto rinunciare a cure mediche essenziali a causa dei costi elevati o delle lunghe liste d’attesa, coinvolgendo così ben quattro milioni di cittadini. Secondo quanto riportato nel Rapporto 2022 di Cittadinanzattiva, i tempi d’attesa nel sistema sanitario pubblico sono i seguenti: 720 giorni per una mammografia, 375 giorni per un’ecografia, un anno per una Tac e 6 mesi per una risonanza magnetica.
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