Sono in corso le due giornate di udienza alla Corte internazionale di giustizia che discutono il ricorso presentato dal Sudafrica (appoggiato da tantissimi Stati) che chiede di imporre misure immediate a Israele perché smetta l’eccidio a Gaza. Il ricorso sudafricano argomenta, con dovizia di documenti e testimonianze, che l’eccidio di massa configura «un modello di comportamento calcolato da parte di Israele che indica un intento genocida».Oggi, come comunità palestinese e democratici amici del popolo palestinese abbiamo incontrato l’ambasciatrice sudafricana, in un abbraccio e una condivisione politicamente ed emotivamente forti, in cui le bandiere sudafricane e palestinesi hanno sventolato insieme, sotto uno striscione raffigurante l’incontro tra Mandela ed Arafat, in cui Mandela afferma che il Sudafrica sarebbe stato veramente libero solo con la nascita dello Stato palestinese.
Quello in corso alla Corte Internazionale di giustizia è un procedimento storico, sia detto senza enfasi. È importante anche perché questa Corte dirime le controversie tra Stati e le sue decisioni sono vincolanti. Anche se la sentenza definitiva dovesse essere emessa tra mesi, una prima sentenza immediata può causare, in poche settimane, un ordine di interruzione immediata degli atti di genocidio, degli eccidi a Gaza, delle operazioni militari. Il governo israeliano sta, non a caso, reagendo con violento nervosismo, consapevole di perdere, in caso di sentenza negativa, la propria impunità ed immunità internazionale. Le ambasciate israeliane sono state, dal governo, mobilitate affinché i «Paesi amici ed alleati» dicano chiaramente e pubblicamente che il «vostro Paese rigetta le accuse oltraggiose, assurde, infondate». Israele si proclama vittima di un complotto antisemita globale.
Cosa faranno, ora gli Usa. l’Ue, l’Italia? Si schiereranno ufficialmente con il genocidio o tenteranno un’aspra mediazione?
La presidente del Consiglio Meloni, starà zitta, io temo. Vincerà l’ipocrisia del silenzio. Anche se, sul piano giuridico, mi pare che la situazione sia evidente, in base al diritto internazionale. È infatti, la convenzione Onu del 9 dicembre 1948 che regola i canoni che configurano il delitto di genocidio. Esso indica atti che vengono commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un «gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso». Il genocidio non può essere giustificato invocando il diritto di difesa che l’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite riconosce ad ogni Stato che sia vittima di una aggressione armata. Occorrono «proporzione e prospettiva». In definitiva , il ricorso del Sudafrica ha smosso complicità e ipocrisie, ha forse messo in moto una dinamica diplomatica, un percorso di rispetto della dignità e della vita stessa dei popoli