L’obiettivo sovranazionale ha trovato una realizzazione di carattere costituzionale nel 1984 con il Trattato che istituisce l’Unione europea. Adesso si tratta di rilanciarlo, dopo anni di divisioni e contese tra gli Stati
La prima sessione di quella che fu inizialmente battezzata in Italia e Francia “assemblea parlamentare europea” si svolse in Lussemburgo il 10 settembre 1952 e in quella occasione i Sei - su ispirazione del leader federalista Altiero Spinelli - incaricarono i deputati europei di redigere lo statuto di una «comunità politica europea» (da non confondere con quella suggerita da Emmanuel Macron settanta anni dopo come risposta alla guerra in Ucraina) che avrebbe dovuto costituire l’indispensabile quadro democratico e istituzionale per dare vita alla “Comunità europea di difesa” e rendere il progetto comunitario autonomo dalla Alleanza Atlantica. Già dalla sua nascita l’Assemblea della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (Ceca) aveva deciso di adottare alcune decisioni che confermavano il carattere innovativo dell’istituzione parlamentare rispetto ad altre assemblee europee ed internazionali: innanzitutto, il nome, che solo in tedesco e olandese sarebbe stato fin dall’inizio “Parlamento europeo” per diventare il nome ufficiale in tutte le lingue dei Sei a partire dal 1962. In secondo luogo, la suddivisione dei deputati in gruppi politici (allora democristiani, socialisti e liberali) invece che in delegazioni nazionali perché essi erano inconsapevolmente gli eredi dell’universalismo cristiano, dell’internazionalismo socialista e del cosmopolitismo liberale. In terzo luogo, l’organizzazione dei lavori in periodi della sessione plenaria annuale ma soprattutto in commissioni permanenti che corrispondevano inizialmente alle attività della Ceca e poi a quelle dei trattati di Roma (Mercato comune ed Energia atomica) per assicurare la continuità del controllo politico e parlamentare sulle attività delle Comunità. In quarto luogo il fatto di essere, nonostante la designazione dei membri da parte delle assemblee legislative nazionali fino al 1979, la rappresentante dei popoli degli Stati riuniti nelle Comunità e non dei Parlamenti nazionali. Dal 1952, il Parlamento europeo è stato - per usare un’espressione di Altiero Spinelli - la cittadella della democrazia europea in statu nascendi rivendicando fin dall’inizio il suo diritto a diventare un vero Parlamento, al contrario delle altre assemblee interparlamentari che hanno sempre accettato la loro condizione di organi solo consultivi, e il punto di riferimento della difesa dei diritti fondamentali nelle Comunità, in Europa e nel mondo. La prospettiva sovranazionale è stata periodicamente evocata dalla maggioranza dei membri del Parlamento europeo legandola innanzitutto alla sua elezione a suffragio universale e diretto affermata già nell’articolo 21 del Trattato della Ceca e quindi nell’art. 138 del Trattato di Roma e poi nell’evoluzione delle Comunità europee verso una «unione sempre più stretta» che fu la formula proposta dal negoziatore francese Jean-François Deniau come compromesso fra la finalità federale indicata da Jean Monnet nella Dichiarazione Schuman del 1950 e l’Europa delle patrie o confederale rivendicata dal generale De Gaulle.

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