L’accordo tra Parlamento europeo e Consiglio dell’Unione europea propone di non rallentare l’innovazione tecnologica dell’IA ma al tempo stesso fissa regole precise per tutelare i diritti fondamentali dei cittadini
Può essere certamente considerato un accordo storico quello raggiunto il 9 dicembre 2023 sull’intelligenza artificiale dal Consiglio dell’Unione europea presieduto dalla Spagna, e dal Parlamento europeo rappresentato dall’italiano Brando Benifei e dal rumeno Dragos Tudorache. Un ruolo determinante è stato giocato anche dalla Commissione europea che nell’aprile del 2021 ha presentato una proposta di regolamento, denominata “legge sull’intelligenza artificiale”, per dettare regole comuni sull’uso dei sistemi di intelligenza artificiale (IA).
La proposta originaria della Commissione aveva destato però non poche preoccupazioni riguardo alla reale efficacia delle misure prospettate a tutela dei diritti fondamentali dei cittadini dell’Ue. Durante il negoziato si sono contrapposte due visioni che mettevano al centro, l’una, la necessità di non imbrigliare l’innovazione tecnologica rallentando la corsa della “rivoluzione industriale” del XXI secolo, l’altra, la necessità di tutelare i diritti e i valori dell’Ue. Al termine del negoziato, le modifiche apportate al testo della proposta originaria della Commissione sembrano fornire risposte “intelligenti” alla sfida globale che l’uso dei sistemi computazionali pone alle società europee e di gran parte del mondo contemporaneo. Prima di illustrare i contenuti più rilevanti dell’accordo, può non essere superfluo rispondere ad una domanda: perché l’uso dell’ intelligenza artificiale può mettere a rischio la tutela di alcuni diritti fondamentali? Se ad esempio consideriamo l’utilizzo dei sistemi di IA da parte di alcune piattaforme digitali, possiamo osservare come i lavoratori della cosiddetta “gig economy” (economia del lavoro a chiamata) siano costretti a fare i conti non solo con livelli di retribuzione bassi, ma anche con sistemi di sorveglianza invasivi e sistemi di valutazione inappellabili. I rider, ovvero i lavoratori che effettuano consegne di pasti a domicilio, sono valutati dalle piattaforme digitali in base alle loro prestazioni (velocità di consegna, numero di consegne, disponibilità, grado di apprezzamento del cliente, etc.). Si tratta di meccanismi di valutazione che danno luogo ad un “punteggio reputazionale”, che determina la riduzione degli ordini di consegna ai lavoratori meno performanti, senza alcuna possibilità di contradditorio per contestare il punteggio attribuito dall’algoritmo.
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