L’impianto del disegno di legge costituzionale Meloni-Casellati è inemendabile, nonostante siano state avanzate proposte alternative. Il referendum è la strada contro lo stravolgimento della Costituzione
Illustrazione di Valentina Stecchi
È iniziato l’esame della proposta del governo (Meloni-Casellati) per stravolgere la Costituzione. Non deve trarre in inganno il tentativo di dipingere le modifiche come limitate a rafforzare il ruolo del presidente del Consiglio. La modifica interviene su punti fondamentali della Costituzione, fingendo di non farlo, ma è una balla perché - ad esempio - non è vero che non verrebbero toccati i poteri del presidente della Repubblica. Al contrario, il ruolo del presidente della Repubblica verso gli altri poteri costituzionali come governo e Parlamento verrebbe ridotto ad un ruolo notarile, di presa d’atto di decisioni di altri.
Occorre comprendere le ragioni dell’iniziativa del governo che punta a un’altra Costituzione, fuori dal perimetro di quella del 1948, democratica (fondata sulla separazione dei poteri dello Stato) e antifascista perché nata dalla cacciata del fascismo. Pesano le difficoltà del governo a realizzare risultati convincenti, anche per i suoi elettori, che non dipendono dai ristretti spazi di manovra ma da idee politiche che non sono in grado di affrontare la realtà economica e sociale.
A forza di rappresentare una realtà di comodo del Paese si finisce con il non riuscire a misurarsi con quella esistente e si agisce per strappi, per fughe e rinvii; gli unici punti fermi sono la subalternità agli Usa e all’alleanza atlantica più un capovolgimento, tormentato e ambiguo, del rapporto con l’Europa.
Il governo fatica a governare e deve continuamente trovare colpevoli a cui addossare le responsabilità delle sue difficoltà. La Costituzione diventa il punto di attacco, del tipo: se avessi le mani libere e una diversa Costituzione potrei fare ben altro. Da qui la spinta per cambiare la Costituzione e di raccontare che lì è la radice della difficoltà di governare. Eppure il governo usa i decreti legge, che sono atti del solo governo con effetto immediato, in misura e quantità che non hanno precedenti, obbligando il Parlamento a seguire i suoi contorcimenti. Al punto che per evitare ingorghi nell’attività del Parlamento, che non riesce ad approvare la grande quantità di decreti legge del governo, si lavora in pratica a Camere alternate, una esamina e l’altra ratifica il suo lavoro, che è una pratica fuori dalla Costituzione. L’ingorgo nasce da troppi provvedimenti episodici, adottati per fini di propaganda inseguendo i singoli avvenimenti, senza una visione di insieme, tanto meno di lungo periodo. Una continua rincorsa più per fare propaganda (dai rave in avanti) che per costruire risposte politiche organiche ed efficaci.
Viene dimenticato che il governo Meloni con il 44% dei voti ha ottenuto il 59 % dei senatori e dei deputati, con un premio di maggioranza del 15 %. Nemmeno Berlusconi nel 2008 ha avuto tanto, malgrado avesse ottenuto più voti. Non ha senso insistere nell’attribuire ad altri delle proprie difficoltà a governare e tanto meno questo dipende dalla Costituzione. Al contrario.
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