Dunque, si sono tenute le elezioni europee, con tutte le loro conseguenze da valutare con grande attenzione sulle future alleanze del vecchio continente. I dati certamente più rilevanti per il nostro Paese sono la tenuta percentuale di Fratelli d’Italia, la crescita percentuale e in voti assoluti del Partito democratico, il successo di Verdi e Sinistra e la più bassa affluenza al voto mai registrata.
Ora che le elezioni sono passate, segnate questa data nella vostra agenda: 19 giugno. Si tratta del giorno nel quale, molto probabilmente, la Commissione europea annuncerà per quali Paesi dell’Unione sarà avviata una procedura d’infrazione per deficit eccessivo.
Con un debito valutato, nel 2024, in crescita al 139,1% del Prodotto interno lordo, ossia 1,8 punti al di sopra del 2023, l’Italia è, senz’altro, candidata alla procedura. Non è il solo Paese per il quale la Commissione la avvierà, per carità. Ma così è.
Andranno in archivio tutti i mini-bonus elettorali ma, mentre il governo sarà impegnato a Bruxelles nelle trattative per la nascita della nuova Commissione europea, resta aperto e sanguinante il fronte sociale inchiodato da quel debito pubblico strabordante.
Dunque, il governo ha di fronte una definizione della legge di Bilancio 2025 particolarmente ardua. Vedremo con quali margini di manovra per quanto riguarda le risorse, con, forse, il favore di un lieve incremento delle entrate fiscali che si è manifestato in aprile.
Sul tavolo restano aperte le questioni finora non affrontate sul piano delle soluzioni e delle coperture: mantenimento del taglio del cuneo fiscale, tenuta del sistema sanitario pubblico, pensioni. Sapendo che, senza contare gli inviti delle Istituzioni internazionali, è la stessa Ragioneria generale dello Stato a indicare l’inevitabilità del mantenimento della sostenibilità del Bilancio pubblico.
La Quota 41 sostenuta dalla Lega come soluzione di anticipo pensionistico perderà forse impulso dopo il (sia pur contenuto) sorpasso subìto nelle urne da Forza Italia, sezione italiana di un Partito popolare europeo fortemente rafforzato dai risultati delle urne in tutta l’Unione, accanto alla preoccupante avanzata delle destre.
Ma soluzioni vanno trovate. E le forze di centro-sinistra che non sono state punite come, per esempio, è accaduto al più antico partito socialdemocratico d’Europa, l’Spd del cancelliere tedesco Olaf Scholz, devono ora proporsi con forza la priorità di non lasciare la sofferenza sociale nelle mani dei sovranisti. Lavoro, redditi e Welfare state devono rappresentare il massimo impegno delle forze di progresso. E su tali questioni, esse devono incalzare il governo con il massimo del vigore, ritrovando la propria missione prioritaria.
IL FERMAGLIO di Cesare Damiano, già sindacalista e parlamentare in tre legislature, è stato ministro del Lavoro ed è presidente dell’associazione Lavoro & Welfare
Nella foto: il commissario Ue all’economia Paolo Gentiloni e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni