A quattro mesi dal voto il gigante nordamericano è sospeso tra il futuro incerto della democrazia e il rischio delle derive populiste. Specie dopo l'attentato a Trump. Quale futuro si prospetta?
Sempre più spesso, nel dibattito sui mass media e in quello scientifico, si fa riferimento al declino degli Stati Uniti. La questione è definita, in primis, in termini economici e strategici. Ma sempre più, si sta affermando un’altra dimensione della crisi: tutta interna alla politica statunitense. Stiamo parlando di quel sistema politico e istituzionale americano, che tanto aveva affascinato i pensatori europei che soprattutto - a cavallo tra il XIX e il XX secolo - avevano narrato della terra della libertà e di un sistema politico e culturale, tanto peculiare quanto in grado di garantire democrazia e sviluppo. Oggi non è così, come dimostrano le immagini e le parole della campagna presidenziale e prima ancora di eventi drammatici come la presa del Campidoglio da parte di una minoranza violenta nel 2021. Proprio la figura dell’ex presidente Trump rimanda l’immagine di un Paese di violenza (verbale e non solo), di estremisti populisti, e sempre più ostaggio di minoranze esagitate (religiose e non). Ma siamo sicuri che Donald Trump e i suoi seguaci siano l’origine del malessere americano? O piuttosto ne rappresentino l’ultima incarnazione, risultati di processi molto più radicati?
Una risposta ci viene proprio dalla letteratura nord americana e dal lavoro quasi ventennale di due fuoriclasse della scienza politica contemporanea: Jacob Hacker, professore presso la Yale University in Connecticut, e Paul Pierson, docente all’Università di Berkeley in California. I due autori hanno prodotto in successione quattro libri che, dal 2006 al 2020, hanno seguito la discesa agli inferi del sistema politico americano. Questi libri sono segnati da un forte scetticismo sulla qualità della democrazia americana. Con tinte a tratti drammatiche, i due autori sviluppano una specie di detective story. Il delitto da cui partono è quello di un Paese ridotto a macchina delle disuguaglianze, sempre più diviso tra una minoranza (il famoso 1% più ricco) sempre più abbiente e una maggioranza sempre più in difficoltà. Tali differenze economiche si mescolano a divisioni razziali, etniche, culturali e linguistiche che non hanno eguali nel mondo occidentale. I due autori cercano allora di individuare il colpevole. La globalizzazione? L’innovazione tecnologica? Sì, ma non solo. Per Hacker e Pierson il vero fattore scatenante del declino americano è la politica, e in particolare la degenerazione del Partito repubblicano. Quest’ultimo è il vero fattore che ha determinato il declino democratico in quel Paese.
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