L’immigrazione accende la campagna elettorale in un Paese dove il razzismo è ancora molto presente. Da un lato, Trump criminalizza gli stranieri, proponendo chiusura dei confini e repressione. Dall’altro, Biden prima limita il diritto d’asilo poi annuncia un piano per regolarizzare 500mila immigrati
L'immigrazione promette di diventare il “tema” di questa campagna elettorale tra Biden e Trump. Trump e i repubblicani di estrema destra criticano Biden, definendolo «debole», «perché è controllato dai democratici di sinistra radicale che cercano di distruggere l’America». Dedicano gran parte dei loro discorsi all’allarme sulla «crisi al nostro confine meridionale», raccontando di «una invasione» con storie raccapriccianti di crimini commessi da immigrati privi di documenti e da cartelli. Utilizzano queste storie per demonizzare gli immigrati e giustificare la richiesta di chiudere il confine con il Messico e di imporre politiche di repressione disumana (carcerazione e deportazione di massa) nei confronti dei richiedenti asilo. Raccontano i flussi di immigrati poveri da Paesi poveri non-occidentali (quelli che dispregiativamente Trump ha definito shithole countries) come un fenomeno incontrollabile che «mette in pericolo la razza bianca». Sostengono che «l’immigrazione è un privilegio e non un diritto» e che i Democratici sono «il partito del crimine» e dell’immigrazione incontrollata. Fanno leva su ideologia Maga (Make America great again), xenofobia e razzismo per ottenere il sostegno degli strati sociali e culturali più vulnerabili, emarginati e poveri della popolazione bianca (white working and lower middle classes e i left behind). Biden aveva affermato di voler affrontare i «problemi strutturali» che causano questo esodo (oltre 2 milioni di migranti e richiedenti asilo intercettati ogni anno), ma alle dichiarazioni non sono seguiti i fatti. La politica estera americana non ha certo appoggiato le forze progressive che nei Paesi del Centro America si battono per democrazia, giustizia sociale e sicurezza alimentare, personale e collettiva. A seguito delle scelte di lunga durata si è creato un circolo vizioso che si autoalimenta. Evidenziando il divario tra la narrazione retorica basata sui valori e sui diritti umani che raccontano di sé stessi e la realtà, anche brutale e cinica, di come una superpotenza persegue i propri interessi, gli Stati Uniti hanno sempre imposto sanzioni e embargo o appoggiato regimi dittatoriali o di democrazia autoritaria, che hanno bloccato qualsiasi cambiamento in senso genuinamente democratico, imponendo alla maggioranza delle popolazioni indigene una vita caratterizzata da esclusione sociale, ignoranza, disoccupazione, povertà e violenza.
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