L’università dovrebbe essere un mondo libero. L’istruzione e la formazione, come la ricerca, dovrebbero sempre essere ispirate dal pensiero critico, aperte alla pluralità delle idee e al dissenso, orientate al cambiamento e alla costruzione di un mondo migliore. Lo dice anche la Costituzione italiana: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento… Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi” (art. 33). Allo stesso modo, la nostra Costituzione afferma il diritto di ciascun individuo di manifestare le proprie idee, considerando ciò una condizione essenziale per lo sviluppo di una comunità democratica.: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione” (art. 21),
Occorre ricordarlo, oggi più che mai, perché non sempre i docenti e i ricercatori sono liberi di agire e di dissentire, di criticare i valori imperanti e di ribellarsi alle tendenze centralistiche e autoritarie attualmente in atto, che minano alle radici l’autonomia universitaria e la libertà d’insegnamento. Da anni ormai, le politiche dirigiste che si condensano nell’attività dell’Anvur, la faraonica e autoreferenziale Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca che ha finito per creare sistema rigido, burocratizzato, con regole di governance che non lasciano spazio alla sana autonomia gestionale e l’utilizzo spesso improprio di concetti come “merito” e “eccellenza”, tendente alla concentrazione delle strutture di didattica e di ricerca in pochi e affollati poli o aree.
Così si mina il diritto allo studio e l’uguaglianza tra tutti i cittadini italiani; si concentrano le risorse nelle aree centrali penalizzando le regioni periferiche, si penalizzano drasticamente le università del Mezzogiorno e le discipline umanistiche che tanta importanza hanno nella formazione dei giovani.
A questa linea, ormai di lungo periodo, si aggiungono ora la proposta del ministro Bernini di istituire nuove figure pre-ruolo, che incrementerebbe il già esteso precariato, e il taglio di oltre 500 milioni di euro al Fondo di Finanziamento delle Università, per non parlare del moltiplicarsi degli atenei telematici nell’ottica di una progressiva privatizzazione del sapere.
Il restringimento degli spazi di libertà e di autonomia nell’Università fa il paio con il disegno governativo autoritario e repressivo che riguarda l’intera società e di cui è espressione il disegno di legge 1660, cosiddetto “Sicurezza”. La saldatura di questo binomio tra attacco al sapere critico e regimentazione sociale comincia ad essere esplicita e preoccupante, non solo nei comportamenti effettivi di repressione del dissenso e di delegittimazione dei conflitti aperti nella società e sul territorio (lavoro, casa, ambiente…), ma anche nei rituali delle istituzioni politiche e accademiche. L’Università del Molise ha invitato ad intervenire alla cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico, che si tiene a Campobasso il 30 ottobre, il ministro dell’Interno Matteo Piantadosi. Chi si è chiesto cosa c’entra il ministro dell’Interno con l’Università? L’Università dovrebbe essere la sede privilegiata della libertà di formazione e ricerca, la fucina del pensiero critico e non un problema di ordine pubblico, né uno spazio da normalizzare.
Si tratta di una situazione generale che richiede una ampia e immediata mobilitazione in tutto il Paese, che chiama ad una responsabilità civile, ancor prima che politica, gli stessi partiti democratici, le forze sindacali e tutte le organizzazioni rappresentative dei lavoratori e dei cittadini e gelose della democrazia a suo tempo faticosamente conquistata.
Proprio dal Molise, nella cui Università dovrebbe mettere piede il ministro dell’Interno, è partito un appello, già firmato da oltre 200 tra intellettuali, docenti, rappresentanti della società civile e tante personalità di rilievo del mondo della cultura e delle professioni, con un obiettivo principale: invitare i professori, gli studenti i rappresentati istituzionali, politici, sindacali e del mondo dell’associazionismo e del volontariato a disertare l’inaugurazione dell’anno accademico alla presenza di Piantedosi, come atto visibile e concreto contro le politiche repressive che il governo Meloni sta mettendo in essere. All’appello ha fatto eco un documento del movimento studentesco “Dal Basso”, inviato ai docenti e dirigenti Unimol, nel quale si afferma che l’università deve restare libera e si ribadisce l’invito a disertare la cerimonia di inaugurazione. Anche la FLC, il sindacato CGIL dei lavoratori della conoscenza, con un documento ha fatto sapere che, pur essendo invitata, non parteciperà all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Ateneo molisano: “Noi non ci saremo”, hanno scritto la Camera del Lavoro e la FLC-Molise.
L’attività del Ministro Piantedosi – si legge nell’appello dei 200 – in questi due anni di Governo è stata tutta rivolta alla repressione e alla criminalizzazione del dissenso e della solidarietà. Piantedosi è il ministro del DDL sicurezza 1660 che inasprisce la repressione e le pene per chi dissente, è il ministro che definì “carichi residuali” gli esseri umani morti a Cutro, venendo meno ai principi costituzionali di uguaglianza e di dignità della persona umana. Sembra un paradosso dover ricordare la Costituzione ai ministri che su di essa hanno giurato e che dovrebbero essere i primi ad applicarla e rispettarla.
Tra i primi firmatari dell’appello figurano docenti universitari di diversi Atenei (Molise, Bologna, Firenze, Cassino, Pisa, IUAV Venezia, ecc.). Tra questi Rossano Pazzagli, Adriano Prosperi, Enzo Scandurra, Pietro Bevilacqua, Anna Marson , Alberto Ziparo, Pasquale Beneduce, Ilaria Agostini, Daniela Poli, Pino Ippolito Arminio, l’ideatore di Cammina Molise Giovanni Germano, il giurista Giovanni Russo Spena, il segretario nazionale di FLAI-CGIL Giovanni Mininni, il presidente di Antigone Molise Vincenzo Boncristiano, il coordinatore dell’Osservatorio Repressione Italo Di Sabato, l’assessore alla cultura del Comune di Campobasso Adele Fraracci, i consiglieri regionali del Pd Vittorino Facciolla e Alessandra Salvatore, gli ex consiglieri regionali Nella Astore, Pasquale Di Lena, Domenico Di Lisa, Michele Giambarba, Michele Petraroia, il direttore della rivista “La Fonte” don Antonio Di Lalla, l’artista CROMA. L’appello integrale è disponibile sul sito www.osservatoriorepressione.info
Sarebbe importante che la scintilla accesasi nel piccolo Molise attecchisse nel resto del Paese e la mobilitazione si estendesse a macchia d’olio perché, nelle circostanze date, la costruzione di un mondo migliore può passare solo attraverso la difesa degli spazi di libertà, dei diritti fondamentali e del rispetto del pluralismo, del dissenso e delle lotte sociali che sempre nella storia, insieme al sapere, hanno costituito la principale molla di avanzamento civile e morale.
L’autore: Rossano Pazzagli è docente all’Università del Molise e fa parte della rete di studiosi dell’Officina dei saperi