La stagione di costruzione della legge di Bilancio per il 2025 è segnata dalle diverse e legittime posizioni delle Confederazioni. Da una parte, la Cisl ha ritrovato nella proposta di legge di Bilancio l’accoglimento di alcune proposte sindacali: ad esempio il taglio del cuneo fiscale che diventa strutturale. Dall’altra, Cgil e Uil, invece, richiedono di cambiare più in profondità la manovra per aumentare salari e pensioni, finanziare maggiormente sanità, istruzione e servizi pubblici, e investire nelle politiche industriali. Da questa valutazione di Cgil e Uil discende la dichiarazione dello sciopero generale per il prossimo 29 novembre, che anche noi riteniamo che vada sostenuto.
A livello delle varie categorie, invece, l’unità sindacale regge e le Confederazioni lavorano compatte e la contrattazione produce risultati, con la firma di diversi accordi.
Ultimo, il rinnovo unitario del contratto nazionale dei lavoratori delle aziende artigiane metalmeccaniche, con vigenza 2023-2026, siglato la scorsa settimana, il 19 novembre: per parte datoriale da Cna, Confartigianato, Casartigiani e Claai e, sul fronte dei lavoratori, da Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm-Uil. Il contratto riguarda i lavoratori artigiani delle imprese del settore metalmeccanico, dell’installazione di impianti, dei settori orafo-argentiero, autoriparazioni e odontotecnici, del restauro e, da questo rinnovo, anche i lavoratori che svolgono attività subacquee.
A dare il senso dell’accordo, una nota firmata da Michele De Palma, segretario generale Fiom-Cgil e Stefano Zoli, della Fiom-Cgil nazionale, che parlano di «un rinnovo contrattuale molto importante perché, in un contesto di instabilità, le parti contrattuali rinnovando il contratto nazionale hanno dato certezza al settore che interessa oltre 500mila lavoratrici e lavoratori occupati in 122mila imprese. Si tratta di un risultato fondamentale per la tutela e l’aumento dei salari delle lavoratrici e dei lavoratori artigiani metalmeccanici».
Che novità porta con sé questo rinnovo? In primo luogo, sul piano retributivo, l’accordo prevede un aumento salariale erogato in quattro tranche (l’ultima dal primo novembre 2026) per complessivi 120 euro. Inoltre, gli emolumenti riconosciuti a titolo di Afac (Acconto su futuri aumenti contrattuali) erogati fino a novembre 2024, diventeranno da dicembre a tutti gli effetti retribuzione tabellare portando la cifra complessiva di aumento a regime a 216 euro lordi mensili al quarto livello. Dunque, una risposta a quella questione salariale così evidente nel nostro Paese che vede nel potere d’acquisto uno degli elementi più critici sul piano sociale. E sulla quale, in modo particolare, si è invece incagliata la trattativa per il principale contratto del settore metalmeccanico non artigiano, quello che viene stipulato da Fim, Fiom, Uilm e Federmeccanica-Assistal e che riguarda un milione di lavoratori, che ha portato alla rottura con le organizzazioni dei lavoratori e a una dichiarazione unitaria di sciopero di 8 ore.
Vi sono, poi, nel contratto artigiano, positive innovazioni normative. Tra queste, vogliamo segnalare il raddoppio delle ore di formazione continua, da 8 a 16, per ogni lavoratore e la creazione di commissioni permanenti per monitorare l’evoluzione tecnologica e l’impatto dell’intelligenza artificiale nel settore.
Un risultato, complessivamente, ascrivibile a un approccio di qualità quanto unitario alla contrattazione. La storia di tutto il movimento sindacale ci dice, come recita un vecchio slogan sindacale, che “uniti si vince”. L’unità sindacale, insomma, rende più forti i lavoratori. Ci auguriamo che essa venga ritrovata al più presto anche dalle Confederazioni nazionali: si tratta di un valore al quale abbiamo sempre fortemente creduto.
Il fermaglio di Cesare Damiano. L’autore: sindacalista, già ministro del Lavoro, è presidente di Lavoro e Welfare
In foto un momento di duro confronto fra i rappresentanti dei sindacati di metalmeccanici e di Confindustria il 30 maggio 2024 (da sinistra Ferdinando Uliano, Fim, Rocco Palombella Uilm e Michele De Palma Fiom Cgil