Esistono validi motivi per criminalizzare chi vuole un figlio senza far danno a nessuno? Esistono differenze tra la donazione di un rene e una gestazione per altri solidale? Ecco perché la risposta corretta è “no”, con buona pace di cattolici e postfascisti
Circa 250 casi l’anno. I numeri della gestazione per altri (gpa) non sembravano meritare la morbosa attenzione della maggioranza di governo. Eppure è successo. Perché la Chiesa cattolica ha enfatizzato il suo rifiuto della pratica, e l’estrema destra l’ha assecondata per fini politici. Usando l’espressione “gestazione per altri” mi sono già autoidentificato come una persona che ritiene che debba essere lecita e regolamentata. Le parole sono importanti: chi invece ricorre alla rozza e scorretta variante di “utero in affitto” è qualcuno che esige che sia criminalizzata sempre. Un’ulteriore definizione in uso, “maternità surrogata”, ha connotati più neutri ed è quindi preferita da chi desidera presentarsi come super partes. Anch’essa è imprecisa: “maternità” non dovrebbe mai rimandare a una donna che madre non vuol essere. Spesso, l’ovulo fecondato non è nemmeno suo. Nel mondo, gli Stati stanno affrontando la questione in ordine sparso. Grossolanamente, si potrebbe dire che un terzo regolamenta la gpa, un terzo la vieta e un terzo non ha ancora preso posizione. La gpa è ammessa da Paesi molto diversi fra loro: la Russia e l’Ucraina, il Texas trumpiano e il Canada liberal. Tra chi la regolamenta, la maggior parte autorizza la gpa solidale, che non prevede un compenso o al massimo ammette un rimborso spese. Come si vede, in questo caso è decisamente sbagliato parlare di «utero in affitto». Quasi tutti gli esponenti cattolici invece lo fanno. In fondo non potrebbero comportarsi altrimenti, avendo già demonizzato la fecondazione artificiale: ma in tal modo inquinano il dibattito. Per certi versi lo fa anche chi rinfaccia loro l’episodio biblico di Abramo e Sara o la gravidanza di Maria.

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