«Hitler era socialista, era comunista, e l’errore più grande è stato etichettarlo come un uomo di destra». A pronunciare sorniona la bestialità è la co-presidente del partito neonazista tedesco Alternative für Deutschland (AfD) Alice Weidel. Dall’altra parte del filo, stralunato e divertito, c’è il miliardario con sogni da plutocrate Elon Musk. I due sono in diretta sul social X, giocattolo del capriccioso imprenditore sudafricano, seguiti da duecentomila persone.
Ieri sera è andata plasticamente in scena la tecnocrazia che si è ingoiata gli Usa e che stende la sua ombra anche sull’Europa. I due si gingillano tra “agenda woke” e il “gender” che starebbe rovinando il sistema educativo tedesco. Ridono molto, i due. C’è da capirli: meritarsi una trasmissione in prima serata nonostante i contenuti del loro dialogo sia una cosa da ubriaconi appoggiati al bancone del bar è una dimostrazione di potenza eccitante.
Weidel racconta della Germania che sarebbe «un buffo Paese» perché non rispedisce indietro gli immigrati irregolari «che buttano via i documenti appena oltrepassano il confine». Musk scomposto scoppia a ridere come se avesse trovato la pentola d’oro: «Come negli Usa! Alla frontiera col Messico ci sono pile di passaporti buttati», urla sguaiato. Bugie su bugie, la rappresentazione di un mondo che esiste solo nella propaganda.
«Voglio dare qui un consiglio forte: votate AfD, è solo senso comune, non hanno tesi radicali», dice Musk. C’è da capirlo: in una favola in cui Hitler è comunista Weidel potrebbe essere considerata perfino una statista. L’importante è rovesciare il vero, poi ci pensa Musk a rimettere insieme i pezzi.
Buon venerdì.