Ha parecchia strada da fare Giorgia Meloni per essere la migliore presidente del Consiglio, come continua a scrivere sui depliant elettorali. Dovrebbe, innanzitutto, conoscere la differenza tra un avviso di garanzia e un’iscrizione al registro degli indagati. Dovrebbe – se davvero le sta a cuore la cosiddetta egemonia culturale – essere lei a spiegare ai suoi elettori che con l’avviso la procura informa una persona iscritta nel registro degli indagati che è in corso un’indagine a suo carico, mentre l’iscrizione nel registro degli indagati – che ha ricevuto ieri – semplicemente è un atto interno al procedimento penale che segue una notizia di reato.
La presidente del Consiglio dovrebbe sapere che il querelante Luigi Li Gotti è tutt’altro che un pericoloso comunista: il passato nel Movimento sociale italiano smonta il teorema esposto nel video di Meloni. Difendere i collaboratori di giustizia – fondamentali nella lotta alla mafia nonostante siano odiosi per certa politica – in uno stato di diritto non dovrebbe essere un’onta.
Dovrebbe sapere Meloni che l’articolo 378 del codice penale recita che “chiunque aiuti taluno a eludere le investigazioni della Corte penale internazionale è punito con la reclusione fino a quattro anni”. (ndr sul caso Almasri v. qui). Per questo il procuratore Lo Voi – non per scelta personale, ma per rispetto della legge – ha aperto un’indagine in un Paese in cui l’azione penale è obbligatoria.
Oppure potrebbe essere peggio di così: Meloni queste cose le sa bene e ha messo in piedi il più mendace caso di manipolazione di questi ultimi anni. Tertium non datur.
Buon mercoledì.
Nella foto: Giorgia Meloni nel frame del video fb, 28 gennaio 2025