La separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri è un’arma di distrazione di massa. Il vero obiettivo, attraverso tutto l’impianto della riforma costituzionale, è quello di spostare la magistratura nell’orbita del controllo della maggioranza, stravolgendo gli equilibri istituzionali
La riforma costituzionale approvata dalla Camera dei deputati nella seduta del 16 gennaio suscita preoccupazione. Tre, schematicamente, gli ambiti di intervento della riforma: la separazione delle carriere; la riforma del Consiglio superiore della magistratura; l’istituzione di un’Alta Corte disciplinare, esterna al Csm. Per comprendere le ragioni del grido di allarme lanciato dalla magistratura associata, è utile fare un passo indietro, ai tempi in cui nacque la Costituzione repubblicana. I costituenti avevano nitida memoria di un potere giudiziario che durante il ventennio subì le prepotenti pressioni del regime e risultò in larga parte prono alle volontà del governo. Per questo la Costituente avvertì la necessità di istituire un organo garante dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura dalle maggioranze politiche, affidando al Csm - tra le altre cose - la vigilanza sulla professionalità dei magistrati, la nomina dei dirigenti degli uffici giudiziari, la valutazione degli illeciti disciplinari da loro eventualmente commessi.

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