In un Paese dove ventisei persone si sono già tolte la vita in carcere dall’inizio dell’anno, dove il personale penitenziario è allo stremo e i posti letto si moltiplicano solo nei comunicati, il ministro della Giustizia ha pensato bene di alleggerire l’atmosfera: “La colpa del sovraffollamento è dei magistrati che mandano in carcere le persone”. Un’affermazione che non meriterebbe nemmeno commento, se non fosse che a pronunciarla è il responsabile del sistema penale italiano.
Carlo Nordio è il Guardasigilli che ha firmato i decreti Caivano e Sicurezza, che ha inasprito pene, aumentato l’arresto in flagranza e gonfiato la detenzione preventiva. Ora scopre con candore che le carceri sono piene. E, invece di interrogarsi sulla qualità delle leggi o sull’assenza di una politica penitenziaria, punta il dito su chi quelle leggi le applica. I magistrati, colpevoli di fare il loro lavoro.
La logica si piega alla propaganda. Il Dap è acefalo da mesi, i percorsi alternativi alla detenzione sono sottofinanziati, la magistratura di sorveglianza è trattata da comparsa. Mancano interventi strutturali, mancano investimenti, manca soprattutto l’intenzione di riformare davvero. E mentre le celle scoppiano e i numeri parlano chiaro, il ministro si limita a lanciare battute, come se il suo ruolo fosse quello del commentatore, non del responsabile. Un uomo assente, che trasforma l’inerzia in accusa e il caos in colpa d’altri. Con buona pace di chi muore dietro le sbarre.
Buon venerdì.