Dei reati non sappiamo – sarà l’eventuale processo a dircelo – ma il tema tutto politico che sta dietro alla maxi inchiesta sull’urbanistica a Milano è scritto nero su bianco, sotto la prurigine delle conversazioni trapelate.
Milano è una città sventrata da mangiarsi ancora, dove il cemento è il fine ultimo di un solido coacervo di imprenditori e politici. Per questo non servivano indagini. La politica che piace ai milanesi che piacciono è quella in grado di immaginare soldi a forma di case, di complessi commerciali, scrollandosi di dosso i vincoli urbanistici ed etici.
Milano è la città in cui l’archistar Stefano Boeri fu l’amato candidato di un pezzo del Partito democratico alle primarie che perse contro Giuliano Pisapia quindici anni fa. Milano è la città in cui un architetto si prodiga per non far scrivere sul principale quotidiano nazionale di uno stupro che avrebbe rovinato la cipria della città. E ci riesce. Milano è la città in cui un architetto chiede al sindaco di calmare gli spiriti buonisti dell’ex assessore Majorino che tratta “con i guanti” quei maledetti senzatetto che sciolgono il mascara della Madunina.
Milano è la città in cui un’assessora al circolo Pd di Corvetto si fregiava di attirare “gli altospendenti”, eufemismo per indicare la passione per i ricchi. Il sacco di Milano però – a differenza di quello cianciminiano a Palermo – ha la faccia buona del progressismo. Si traveste da sinistra per fare più serenamente la destra. Vorrebbe essere la capitale morale del Nord ma segue l’antico adagio di certo Sud che fu: “Chi ti manda?” è la chiave per aprire le porte.
Buon lunedì.




