Non basta insegnare i valori democratici: l’istruzione deve essere strutturalmente equa, inclusiva e partecipativa

La scuola, se intesa come istituzione separata dalla società, non ha bisogno della democrazia. Osservato dal punto di vista dell’efficienza e dell’efficacia, ovvero della capacità di utilizzare in modo ottimale le risorse disponibili per raggiungere gli obiettivi formativi previsti, un sistema di istruzione può risultare di buona qualità indipendentemente dal suo grado di democraticità e, soprattutto, dalla sua capacità di realizzare e promuovere i principi della democrazia.

Isolata dal corpo sociale, la scuola può semmai giovarsi di alcuni accorgimenti tipicamente antidemocratici, che potrebbero consentirle di migliorare le prestazioni riducendo i costi.

Selezionare e separare precocemente gli studenti offrendo loro opportunità educative diseguali, escludere studenti e personale scolastico dai processi decisionali, adottare una governance verticale, opaca e autoritaria, sono alcune delle azioni possibili per garantire gli apprendimenti desiderati a un numero limitato di studenti di alcune aree territoriali, le cui prestazioni, qualora venissero misurate con prove standardizzate, andrebbero a compensare i pessimi risultati di gran parte della restante popolazione scolastica. E anche volendo promuovere in queste scuole alcuni tra i più avanzati principi democratici, incentivando per esempio la partecipazione attiva di studenti, famiglie, docenti e personale alle decisioni, oppure valorizzando il dialogo e il confronto come strumenti educativi e preparando ogni studente alla cittadinanza attiva e critica, non si aumenterebbe in modo significativo il coefficiente di democraticità del sistema di istruzione, ma si potrebbe semmai contribuire a renderlo più presentabile.

La democrazia, a scuola, non è necessaria, e anche quando è auspicata e proclamata a gran voce - in una classe, in una scuola, in più scuole contemporaneamente - corre il rischio di apparire come un innocuo imbellettamento di cui ci si può facilmente liberare senza suscitare grande scandalo. Come spiegare altrimenti l’adesione di gran parte del corpo insegnante - una volta dichiaratamente progressista e democratico - ai provvedimenti governativi sul voto in condotta (legge 150/2024), che rappresentano

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