Occupazione Ue ai massimi storici grazie a salari compressi e immigrati, ma in Italia restano precarietà, bassa qualità e divari crescenti
Quando, all’inizio di ottobre, il Centro Studi di Lavoro&Welfare elaborerà, nel consueto Report semestrale, i dati sul mercato del lavoro in Europa e in Italia per il periodo aprile-settembre, ci troveremo ad analizzare una situazione, in qualche modo, inedita.
A testimoniarlo l’intervento, il sabato 23 agosto, della presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, al Forum di Jackson Hole, l’appuntamento annuale ospitato dalla Federal Reserve di Kansas City.
Cosa emerge, dunque, dalle statistiche sul mercato del lavoro europeo e con quale impatto potenziale sulla politica economica dell’Unione? E quale sarà la posizione dell’Italia in confronto al resto della Ue? Spiega Lagarde che, a livello europeo, il mercato del lavoro ha resistito bene ai recenti shock e si mantiene in una “forma inaspettatamente buona”.
La situazione si presenta, perciò, in una forma inedita in ragione di una risposta inattesa rispetto ai modelli storici che indicavano la probabilità di una crescita della disoccupazione a causa della stretta monetaria; la Bce, dopo aver tagliato i tassi di interesse in giugno ha infatti deciso, in luglio, di mantenerli invariati per frenare l’inflazione. Fatto che, normalmente, influisce negativamente sull’occupazione.
Ma il mercato del lavoro europeo, nonostante lo shock dei dazi che ha investito l’economia globale, è cresciuto a onta delle previsioni. In sostanza, in agosto, il tasso di occupazione nell’Unione Europea si attesta intorno al 75,8%, avvicinandosi all’obiettivo del 78% fissato per il 2030. Secondo i dati diffusi da Eurostat, nel 2024, hanno lavorato circa 197,6 milioni di cittadini europei tra i 20 e i 64 anni. La maggior parte dei Paesi membri è collocata in una forchetta occupazionale compresa tra il 70 e il 78%. Con performance – come per i Paesi Bassi, Malta e la Repubblica Ceca – tra le più alte, mentre per Italia, Grecia e Romania tali performance rimangono al di sotto del 70%.
Non si è realizzata, dunque, per il momento, la più grande paura relativa all’occupazione. Cioè, che l’effetto di una crisi, come il corto circuito in corso nella globalizzazione, lasci danni permanenti e che la disoccupazione, una volta che abbia preso l’avvio, non possa più essere disinnescata. Lagarde ha affermato che la tenuta del mercato del lavoro europeo è stata possibile grazie a tre fattori principali: una risposta ritardata dei salari reali i quali sono diminuiti, agendo come ammortizzatore; una riduzione volontaria delle ore lavorate, che ha in qualche modo messo d’accordo datori e lavoratori, mantenendo i posti di lavoro e, infine, un aumento dell’offerta di lavoro, trainato dalle donne, dai lavoratori anziani e, in un apporto percentuale decisivo, dagli immigrati.
Tutto ciò perché, sebbene il 9% dei lavoratori Ue sia straniero, questi ultimi hanno rappresentato metà della crescita occupazionale degli ultimi tre anni. In ogni caso, la Presidente della Bce avverte che questa situazione favorevole potrebbe non durare se non verrà gestita con accortezza. In particolare, Lagarde ha messo in evidenza il rischio di un declino della produttività come possibile costo di questa tenuta. Ha anche richiamato l’attenzione sulla necessità di adottare delle politiche economiche di crisi “originali”, dovunque porti questa esortazione, diverse da quelle storiche, e ha invitato i decisori politici ed economici a concentrarsi sull’importanza di capire le dinamiche attuali per affrontare i futuri shock economici. Ci attende, dunque, un autunno strano. I presupposti del quale sono difficili da interpretare.
Ancora una volta, e più che mai, sarebbe centrale che governo, forze politiche e parti sociali si concentrassero su un dialogo sociale aperto e fattivo. Perché, come già ci spiegano i numeri di Eurostat, l’Italia si muove nella porzione più debole della crescita dell’occupazione, di bassa qualità e insufficiente retribuzione. E, inoltre, le previsioni della crescita economica europea nella seconda parte dell’anno non vanno per il verso giusto a seguito dello svantaggioso (per noi) accordo (possiamo dirlo?) sottoscritto con gli Stati Uniti sui dazi.
L’autore: Cesare Damiano, già sindacalista e parlamentare in tre legislature, è stato ministro del Lavoro ed è presidente dell’associazione Lavoro & Welfare





