I numeri sono persone. Dodicimila e ottocento bambini “identificati” come malnutriti in un solo mese

Mentre l’Unione europea si divide su una mozione d’acqua tiepida e Antonio Tajani balbetta giustificazioni, a Gaza si contano i morti. Dall’alba, almeno 43 persone uccise dai raid, famiglie spezzate in case senza ripari, con ospedali che non hanno più letti né anestetici. L’UNRWA ricorda che duemila civili sono stati ammazzati mentre erano in fila per un sacco di farina: non «scudi umani», ma affamati in attesa di aiuti. A Gaza City l’UNICEF certifica la carestia: un bambino su cinque è colpito da malnutrizione acuta; in tutta la Striscia il tasso è salito al 13,5% ad agosto (era l’8,3% a luglio). Tra i piccoli ricoverati, la forma più letale (SAM) è raddoppiata in sei mesi: dal 12% al 23%. Dieci centri nutrizionali sono stati costretti a chiudere sotto gli ordini di evacuazione e le esplosioni: niente visite, niente screening, niente cibo terapeutico. Il risultato si vede in culla: un neonato su cinque nasce prematuro o sottopeso.

I numeri sono persone. Dodicimila e ottocento bambini “identificati” come malnutriti in un solo mese: scheletri con occhi enormi, madri che allattano senza latte, acqua inquinata, antibiotici introvabili. A Khan Younis, i sanitari descrivono «una situazione mai vista prima». Le cliniche restano l’ultimo argine: quella di Emergency ad al-Qarara ha superato le 23 mila visite in sette mesi, con oltre metà pazienti minorenni. Intorno crolla tutto: scuole, acquedotti, strade. Anche le chiese tremano: il parroco di Gaza parla di esplosioni a quattrocento metri dalla parrocchia.

Mentre Netanyahu discute di «emigrazione volontaria» per svuotare la Striscia, l’Europa applaude la propria irrilevanza e l’Italia si rifugia nel paternalismo. Non servono altre parole, servono fatti: cessate il fuoco, accesso umanitario pieno, sanzioni verso chi bombarda e affama. Perché quando un continente non trova il coraggio, la contabilità la fanno i bambini. E la loro è già una sentenza.

Buon venerdì.

Disegno di Marilena Nardi