Nel loro libro Alfano e Curcio denunciano che i confini blindati, le nuove tecnologie militari e le deportazioni stanno trasformando la politica europea in un laboratorio di disumanizzazione

Quotidianamente sopraffatti da concetti, slogan e parole chiave entrati oramai nell’uso quotidiano di un linguaggio mainstream che costruisce paure ingenerando odi atavici per il “diverso” da sé, inermi assistiamo alla vergogna delle cosiddette politiche migratorie. Politiche condivise dall’Unione Europea ma non solo, alle quali si sommano le tecnologie ban-ottiche (dalla lingua inglese ban, banned, nel senso di proibire, bandire), derivazioni di un pensiero marcatamente colonialista della cui eredità ci si continua a servire per scopi non-umanitari. Accordi, leggi, e decreti i cui fini disumani crescono in proporzione alla belligerante attualità del presente.
In che modo si possa esser giunti a questo indicibile del XXI secolo ce ne parlano Maurizio Alfano e Renato Curcio, autori del libro Persone migranti. Tra cibernetica, militarizzazione e deportazione – oggetto di una prossima riedizione aggiornata per Sensibili alle foglie -, attraverso un percorso che traccia in modo chiaro il continuo mutamento politico e sociale a danno dei migranti. Il libro è stato presentato il 5 ottobre a Casal Bruciato a Roma.

Dal vostro lavoro emerge l’immagine di un Occidente feroce. Ripercorrendo allora parte di una storia italiana – dall’arrivo dei profughi albanesi negli anni Novanta ad oggi – ci si chiede come si sia potuti arrivare fino a questo punto; con uno Stato, il nostro, che ha di fatto istituzionalizzato la deportazione dei migranti.
Maurizio Alfano: È un arco temporale segnato dal debutto degli imprenditori morali. Cittadini che si professano vittime dell’immigrazione degli albanesi e, anche a sinistra, il sentimento verso i profughi si traduce presto in risorsa elettorale. La destrutturazione di questa fase restituisce la complessità di un sistema che, alimentando la paura dello straniero, riprogetta dispositivi di controllo sociale con il consenso delle masse che segna il passaggio al ricorso degli imprenditori delle armi sedimentandosi su un razzismo anche biologico. La necessità di interventi non più solo normativi, l’invocata sicurezza nazionale chiesta anche a sinistra pretende oltre che meccanismi di controllo, anche di difesa e riarmo contro l’assedio degli stranieri. In questa narrazione, l’ossessione per la deportazione negli Usa che guarda anche alla segregazione scolastica, come in Europa, dove si usa l’accesso alle piattaforme di delivery per controllare ed espellere gli stranieri, intensifica un perverso sistema di detenzione. Qui la ferocia di un Occidente che, nel Piano di riarmo e difesa dell’Ue, sostiene che le sfide transnazionali, come le migrazioni, metterebbero a dura prova il nostro sistema politico ed economico. Migrazioni utilizzate come la Palestina da anni, di contro, per testare tecnologie militari. Riarmarsi contro i migranti, implica dunque combattere, incarcerare e deportare il nemico finanche in l’Albania, dove la stessa tenuta dei diritti umani è già incerta per gli stessi albanesi.

Considerando dunque l’attuale e crescente militarizzazione delle politiche migratorie quale potrebbe essere una prossima futura ipotesi dei confini europei?
Renato Curcio: Con la crisi degli organismi mondiali di tutela del diritto internazionale alla quale stiamo assistendo anche la nozione di “confine” perde gran parte della sua sacralità. La maggiore attrezzatura tecnologica e la forza militare ne decidono le sorti. Alla prima si ancora la “sorveglianza”; alla seconda l’intervento furtivo. Con la disponibilità di satelliti e droni la tracciatura delle imbarcazioni può essere eseguita in tutti i suoi momenti e la loro intercettazione compiuta in funzione delle intenzioni che la stanno animando. La cui gamma comprende l’omissione di soccorso, il disturbo di eventuali soccorritori, il suo anonimo affondamento. Tre casi per ognuno dei quali, anche qui, abbondano le denunce documentate. Ma il punto è che gli operatori di questi crimini godono in quest’epoca di una sostanziale impunità poiché sono coperti da accordi non pubblici tra Stati concordi nel ricorso alla violazione del diritto internazionale e all’uso della forza. Per quanto ci riguarda da vicino basterà citarne due: l’Italia e la Libia.

Nel capitolo dedicato alle “Sovraimplicazioni tecnico-digitali dei processi migratori”, viene introdotto il tema dell’eredità coloniale, causa di molti mali. Riemergono antiche ossessioni in termini di “razza” e “sostituzione etnica” e a queste si lega un utilizzo sempre più massiccio di tecnologie ban-ottiche di sorveglianza, utilizzate dai corpi speciali – vedi Frontex – per prevenire l’ingresso dei soggetti ritenuti “portatori di minaccia”. Ecco … sembra essere tornati indietro nel tempo
Renato Curcio: Direi piuttosto che ci si è spinti molto avanti e ben al di là perfino delle tutele formali tuttora vigenti che non a caso anche nelle varie commissioni di studio del Parlamento europeo corrono ormai rischi serissimi di sopravvivenza. Voglio dire che al punto in cui siamo la spersonalizzazione razzista delle persone migranti s’è spinta a un tal punto istituzionale che le polizie dei singoli Stati si rapportano ad essi considerandole non-persone. In quanto “corpi estranei” essi possono dunque essere incarcerati con procedure “amministrative”, deportati in campi di concentramento in territori messi a disposizione da Stati compiacenti, e spiati nelle loro comunicazioni private o ispezionando i loro device. Al riguardo l’Agenzia Frontex che sovraintende in chiave colonialista queste derive di chiara impronta suprematista oltre alla ricognizione satellitare, l’uso di droni, aerei navi e perfino di sottomarini, si sta dotando di dispositivi implementati con specifiche intelligenze artificiali avanzate; ovvero con quelle IA-enhanced che costituiscono oggi il territorio di sperimentazione più avanzato, intrusivo e trasversale del disciplinamento sociale.
Ci si chiede spesso come mai la sinistra non abbia avuto e continui a dimostrare di non avere quella adeguata sensibilità a comprendere per tempo la complessità del sistema migratorio e quanto, di fatto, si è resa complice e responsabile dell’attuale disumanizzazione?

Alfano e Curcio si alternano in questa risposta:  I processi migratori che stanno raggiungendo l’Europa sono un inevitabile riflesso delle politiche coloniali che sono state seguite dopo la Seconda guerra mondiale. Politiche che hanno messo al centro gli interessi del cosiddetto Occidente e si sono illuse di poter contare, per amministrarli, sui gruppi di potere locali volta a volta sostenuti. Da ciò sono derivate guerre che hanno generato un numero incredibile di morti e vantaggiosissimi affari per chi le ha ispirate. Ed anche sordidi accordi con gruppi di potere locale finalizzati ad istituire sul territorio “cinture di sicurezza”. La Libia insegna! Ma se vogliamo una dimostrazione attuale ed anche più significativa, il genocidio che lo Stato di Israele – sentinella dell’Occidente – sta compiendo contro la popolazione palestinese ce la offre in spettacolo gratuito. Morte, distruzione e affari. Dove il terzo termine della triade qui in Europa è a tal punto importante che nonostante la Corte dell’Aia prima e l’Onu poi abbiano infine riconosciuto la catastrofe genocidiaria gestita dallo Stato di Israele, gli Stati del continente si guardano bene dall’interrompere le loro relazioni economiche con quel Paese. E le sinistre istituzionali non brillano certo per impegno nell’opposizione. Risponderemo allora alla domanda con un’altra domanda: questione di sensibilità culturale, di cecità politica o di complicità nel sostegno di inconfessabili interessi economici ed istituzionali?