Diritto allo studio indebolito e pensiero critico sotto attacco nel mirino del governo. L’istruzione è stata trasformata in terreno di scontro politico e sociale. Ma gli studenti lottano per costruire alternative democratiche

Dopo tre anni di legislatura, il bilancio delle politiche del governo Meloni su scuola e università è chiaro: peggiorano le condizioni di studentesse e studenti, senza rispondere alle necessità reali dei giovani di questo Paese. L’istruzione pubblica è in serio pericolo, minacciata da riforme che si professano inclusive ma che smantellano via via il diritto allo studio, rafforzando un’idea di scuola e università come privilegio per pochi. Una direzione chiara, volta a stringere il controllo sui luoghi del sapere, storicamente culle del pensiero critico e delle resistenze, pericolosi per chi vuole mantenere lo status quo.

È stata prima la volta della scuola, con il cambio di nome da “ministero dell’Istruzione” a “ministero dell’Istruzione e del Merito”, cristallizzando l’idea di una scuola escludente, destinata solo a chi già parte da una posizione di vantaggio. In assenza di investimenti per colmare le disuguaglianze di partenza - come trasporti gratuiti o libri accessibili - parlare di merito significa in realtà acuire le differenze: non avanza chi è più capace, ma chi può permetterselo. Così la scuola smette di essere un ascensore sociale e diventa un meccanismo di selezione classista.

Poi è toccato alle università, colpite da ingenti tagli al Fondo di finanziamento ordinario che hanno lasciato in ginocchio soprattutto gli atenei più piccoli e periferici. E mentre si riducono le risorse per l’università pubblica, il governo strizza l’occhio alle telematiche, che crescono a dismisura costruendo un sistema d’istruzione a scopo di lucro ed elitario, privo di un vero investimento nella formazione e nella cultura.

A questa logica di disinvestimento si affianca la morsa repressiva, tratto distintivo del governo Meloni. Dal ddl Sicurezza alle manganellate contro chi manifesta, la strategia è chiara: soffocare ogni forma di dissenso sociale. Una linea che non ha risparmiato neppure i luoghi del sapere, forse i più temuti perché naturalmente inclini alla critica e alla costruzione di alternative.

Lo abbiamo visto con il divieto di utilizzare i telefoni a scuola, con l’irrigidimento del voto di condotta e la bocciatura per chi occupa, con la circolare

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