Chi è Zohran Mamdani e come ha fatto a vincere le elezioni

È partito con l’1% di preferenze nei sondaggi, ha sbaragliato le primarie del Partito democratico e da stanotte è il nuovo sindaco di New York con più del 50% delle preferenze: è Zohran Mamdani, socialista trentaquattrenne nato in Uganda da genitori indiani diventato cittadino americano nel 2018. Sembra una favola sul sogno americano? Un po’, effettivamente, lo è. Sicuramente è la storia di rivalsa di una città che, di per sé, non è rappresentativa degli Stati Uniti, ma che potrebbe rappresentare il primo baluardo di opposizione vera alle politiche del presidente Donald Trump. Esattamente un anno fa, il 5 novembre 2024, gli americani eleggevano per la seconda volta un magnate con precedenti di molestie sessuali e delle tendenze autoritarie che si sono sprigionate con tutta la loro forza nei 365 giorni successivi. Oggi, New York festeggia la vittoria dell’underdog, per di più di religione islamica. E non è una cosa da poco, in una città che meno di venticinque anni fa è stata il teatro dell’attentato alle Torri Gemelle, che scatenò un’ondata di islamofobia dura a morire. Come se non bastasse, Mamdani si è anche dichiarato apertamente a favore della Palestina in una città dove gli abitanti di religione ebraica sono tanti e (alcuni) anche potenti.
Sulla carta, questa era un’elezione impossibile. Alle primarie il suo sfidante era Andrew Cuomo, ex governatore dello stato di New York che aveva ricevuto appoggio da tutte le parti, compreso dall’ex presidente Bill Clinton. Nonostante la sconfitta, Cuomo ha deciso comunque di presentarsi alle elezioni, stavolta appoggiato addirittura da Trump e dal magnate Elon Musk, ma ha perso lo stesso. E così, il primo gennaio 2026 la Grande mela avrà un sindaco immigrato, musulmano, non bianco e socialista. Ma come è possibile?

Due fattori hanno giocato un ruolo fondamentale: la comunicazione e la ferma opposizione a Trump. In particolare, Mamdani ha chiarito subito che, come sindaco, non avrebbe appoggiato l’invio dell’ICE (una sorta di polizia dell’immigrazione) e della Guardia nazionale a New York, cosa che sta già accadendo in città come Los Angeles e Chicago, dove persone accusate di essere immigrati irregolari vengono arrestate in veri e propri agguati. I suoi punti programmatici sono rivolti al benessere comune: asili nido accessibili, autobus gratuiti grazie a un aumento della tassazione dei cittadini più ricchi, progetti di edilizia sociale, supermercati con prezzi calmierati, aumento del salario minimo a 30 dollari l’ora, regolazione dei canoni d’affitto. Nel suo victory speech, Mamdani ha ricordato che New York è una città fatta dagli immigrati, popolata di immigrati e, «da oggi, governata da un immigrato», e tale ci tiene che resti. Lo aveva ricordato anche la deputata democratica socialista Alexandria Ocasio Cortez nel discorso che aveva tenuto all’ultimo comizio di Mamdani: New York e gli Stati Uniti tutti non esistono senza immigrazione. E, dal punto di vista comunicativo, è sempre stato questo il messaggio: siamo tutti parte di una città che è una grande comunità interdipendente. La campagna elettorale ha preso un’impennata quando sono cominciati a circolare i video di Mamdani che interagiva con i cittadini, che sposava le loro lotte contro le ingiustizie, come lo sciopero della fame di un tassista di nome Richard (che ha ricordato anche nel suo discorso dopo la vittoria). Sono stati toccati temi che di solito vengono ignorati, come la malattia mentale o le lotte sindacali. Eppure, Mamdani non viene da una famiglia della classe operaia: anche se i genitori sono arrivati in Usa come rifugiati, sua madre è una regista e suo padre un professore della Columbia University, con una moglie artista (anche lei di origini straniere, specificamente siriane). Potrebbe benissimo essere accusato di essere un privilegiato. Eppure, ha deciso di puntare sul benessere di tutti, invece di cercare di allearsi con i potenti a discapito della maggioranza. «Sono giovane, nonostante i miei migliori sforzi a invecchiare. Sono musulmano. Sono un socialista democratico. E cosa più grave di tutte, mi rifiuto di scusarmi per ognuna di queste cose» ha detto sul palco della vittoria.

Mamdani fa parte di una generazione, quella dei millennial, che si è sentita dire e ha visto di tutto: che siamo (perché chi scrive è, in effetti, una millennial) dei fannulloni. Che il futuro non esiste. Che la nostra unica possibilità è arrangiarci e piegarci alle regole che qualcuno più privilegiato di noi ha deciso di imporci. Che ha vissuto l’infanzia e l’adolescenza tra attentati e crisi economiche senza precedenti. Che ribellarsi non serve a niente. Ecco, la vittoria di Zohran Mamdani dice tutto il contrario: il futuro esiste eccome, basta guardare dalla parte giusta. E non è una questione puramente generazionale: se è vero che Mamdani e AOC sono entrambi millennial, la loro carriera politica si genera dal movimento Our Revolution di Bernie Sanders, il senatore del Vermont che da socialista è quasi riuscito a vincere la nomination democratica alle presidenziali del 2016. «La speranza è viva», ha detto Mamdani, sottolineando però come la speranza sia in effetti una decisione da prendere giorno dopo giorno, su cui lavorare insieme.

Certo, ci sarà molto da lavorare per mantenere le promesse fatte in campagna elettorale, in una città enorme che non versa affatto in buone condizioni, mantenere l’entusiasmo senza farsi schiacciare dalla burocrazia. È stato capace di galvanizzare gli elettori democratici, in particolare quelli più giovani, come il suo partito non era stato capace di fare da anni, il tutto definendosi socialista. Non ha cercato compromessi come invece ha fatto la candidata alla presidenza Kamala Harris, che a un certo punto della campagna elettorale del 2024 sembrava preoccuparsi più di piacere agli elettori moderati di destra che a quelli del suo lato politico. È vero che la politica locale statunitense non si può paragonare alle elezioni presidenziali, ma ultimamente è proprio dal livello locale che stanno venendo i più forti segnali di opposizione a Trump: contingentemente a questa vittoria, sono state elette due governatrici donne e democratiche, mentre in California è passata la proposta di ridisegno dei collegi elettorali in chiave anti-trumpiana proposta dal governatore democratico (e aspirante candidato presidente) Gavin Newsom. Un anno di Trump alla Casa Bianca inizia a sentirsi, e dopo mesi di silenzio assoluto si comincia a vedere qualche segnale di ripartenza per i Dem. «In questo momento di buio politico, New York sarà la luce», ha detto Mamdani dopo la vittoria. Che la luce la porti un socialista, musulmano, immigrato e pro-Palestina è la vera notizia per noi, per il Partito democratico e per la storia degli Stati Uniti stessa.

Per approfondire ulteriormente: Mamdani, un socialista alla conquista della Grande Mela