Abbiamo pensato di dedicare questo numero di Left a quella particolare età della vita che è il passaggio dall’infanzia all’età adulta, perché è sempre il periodo della ribellione. E la ribellione, al costituito, al conosciuto, all’ovvio, alla tradizione per volere qualcosa di diverso e di meglio è senza alcun dubbio il motore del progresso, da intendere come modificazione delle condizioni di vita per renderle più favorevoli alla realizzazione di una vita piena.
È così per ognuno che si trova ad uscire dall’infanzia e a dover iniziare a confrontarsi con un mondo molto complicato: si cerca la propria identità, o forse meglio si cerca di comprendere se stessi, e inevitabilmente ci si trova con la necessità di ribellarsi al costituito per trovare il modo di realizzare qualcosa di personale.
Così come l’identità personale, la ribellione è personale, ognuno la fa a proprio modo. Purtroppo, non sempre riesce. Ma è innegabile che tutti siamo stati dei ribelli, anche solo per il fatto di opporci al comando preoccupato dei genitori che volevano tutelare il nostro benessere, che avevano paura che non fossimo in grado di affrontare le difficoltà o che forse pensavano fossimo ancora bambini e che i bambini non hanno rapporto con la realtà, quando gli abbiamo raccontato qualche bugia per poter essere liberi di fare quel che volevamo.
È una storia che si ripete da sempre e da sempre l’adulto in modo più o meno oppositivo o comprensivo, ostacola e critica il giovane. C’è sempre questo elemento di non capire il loro linguaggio, il loro pensiero, le cose che fanno e che li appassionano. Che può diventare anche un pensiero (falso) che i giovani siano stupidi, non capiscano, non sappiano dei pericoli nascosti nel mondo e negli altri.
Invece dobbiamo essere grati ai più giovani, per il loro pensiero diverso dal nostro, per la loro vitalità indenne dalle nostre delusioni e per la loro resistenza ad un pensiero che li vuole normalizzare.
Dobbiamo prendere esempio da loro e rifiutare il pensiero comune che dice che ormai non c’è più nulla da inventare, che lo stile di vita che abbiamo raggiunto è il migliore possibile e non è pensabile nulla di meglio. Dobbiamo ascoltarli quando ci dicono che vogliono un mondo diverso in cui vivere e un modo diverso di vivere insieme. Ci vogliono dire che deve essere possibile realizzare l’utopia di uno stare insieme che non sia basato sul mors-tua vita-mea e che questo non sia soltanto un fatto materiale ma anche, e forse soprattutto, una questione di pensiero.
Dovremmo trovare il modo di pensare insieme agli altri, ai più giovani e ai più vecchi, trovare il modo di fare una dialettica, parola purtroppo dimenticata dal mondo moderno, per costruire un pensiero nuovo dal confronto di idee. Comprendere gli altri ma allo stesso tempo realizzare un rifiuto di ciò che ci può essere di disumano. Realizzare che è il rapporto con gli altri che ci permette di cambiare, il rapporto che è fondamento della vita umana fin dalla nascita (e per la nascita) e che ogni persona cerca e che, in quanto rapporto, non può e non deve essere per la distruzione dell’altro.
Quello che i giovani propongono è forse di cercare in forma nuova l’universalità dello stare insieme con quello che ne consegue, ovvero della realtà di una uguaglianza di fondo tra tutti gli esseri umani, a prescindere dalla cultura in cui sono nati e cresciuti, e dell’universalità di una dinamica di trasformazione che riguarda tutti.
Per cui nel tempo tutti cambiamo e questo cambiamento può essere evolutivo o regressivo, andare verso un miglioramento, un aumento dell’intelligenza e delle possibilità personali etc. oppure andare verso un peggioramento. Dobbiamo comprendere come il pensiero del mors-tua vita-mea sia un deterioramento del pensiero. Possiamo e dobbiamo quindi opporci ad esso perché non è una realtà originaria e quindi ineluttabile.
La ribellione dei giovani ci ricorda come sia necessario pensare che è e sarà sempre possibile pensare ad un mondo diverso e più bello perché ci sarà sempre chi non si rassegna al falso destino inventato da chi ha fallito la vita, di essere per la morte degli altri.
Foto di Markus Spiske su Unsplash




