L’abolizione dell’abuso di ufficio agisce come una spugna: pulisce il quadro giudiziario lasciando intatta la fotografia politica

La cancellazione dell’abuso di ufficio smette di essere una discussione astratta e diventa cronaca giudiziaria. A Milano la procura chiede l’archiviazione del filone sulle assunzioni “vip” legate alle Olimpiadi invernali 2026. Le carte parlano di favoritismi, segnalazioni “caldamente” inoltrate, carenze di trasparenza, benefit difficili da giustificare. Le conclusioni restano scritte nero su bianco. La conseguenza penale evapora. L’abuso di ufficio esce dal codice e con lui esce anche il reato. 

La riforma voluta dal ministro Nordio e approvata dalla maggioranza nel luglio 2024 produce così i primi effetti concreti. Indagini che arrivano a un punto fermo, ricostruzioni complete, responsabilità descritte, e poi il vuoto giuridico. I pubblici ministeri lo scrivono con chiarezza: i fatti restano, la sanzione penale cade. Resta solo il possibile giudizio contabile, con gli atti trasmessi alla Corte dei Conti per valutare danni erariali. Sul piano penale la partita si chiude. Anzi, a ben vedere non si apre nemmeno.

Dentro quel vuoto scorrono cognomi pesanti, contratti ben pagati, rimborsi, auto con autista, chiamate che arrivano dal potere. Tutto documentato. Tutto definito “malsano” dagli investigatori. Tutto incapace di superare la soglia del processo. L’abolizione dell’abuso di ufficio agisce come una spugna: pulisce il quadro giudiziario lasciando intatta la fotografia politica.

La promessa era tutelare gli amministratori “inermi” davanti alla firma. Il risultato visibile riguarda grandi eventi, fondazioni opache, reti di relazione. La legge cambia e la realtà si adegua, con una rapidità che impressiona. Le indagini restano come racconti morali, privi di sbocco penale.

Dite la verità. Davanti a questo esito, davanti a inchieste lavate via per scelta legislativa, ora vi sentite davvero più garantiti?

Buon venerdì.

Foto di Wusel007 – Opera propria

Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.