Se di nome si fa Elvis Costello, a sessant’anni ci si può permettere di evitare un nuovo disco da solista. E si possono prendere i testi di un collega di alto rango come Bob Dylan per metterli in musica. Da tempo, Costello non canta più nei pub, non è più simbolo del post-punk e della new wave, ammesso che queste categorie per lui abbiano mai avuto senso.
Si è avvicinato negli anni al country ma anche alla musica classica e al jazz, tanto che nella sua carriera ha saputo dare vita a brani che fanno ballare e ad altri molto complessi. Per questo un produttore come T Bone Burnett, con altri, ha pensato a lui per ridare vita a liriche di Dylan dimenticate in un cassetto e risalenti al 1967.

Ma anche senza un disco solista (l’ultimo è dello scorso anno Wise Up Ghosts) un musicista come lui può andare in tour in buona parte d’Europa concludendolo nella sua Londra alla Royal Albert Hall per il BluesFest. Non sappiamo quanto il sessantesimo compleanno abbia influito sulla sua scaletta. È stato comunque evidente che Costello ha riflettuto attentamente sulla sua intera vita di compositore e interprete prima di salire sul palco.
Dapprima brani voce e pianoforte (al quale c’era il compagno di band degli Attraction, il talentuoso Steve Nive). Poi le cose sono cambiate quando Costello ha imbracciato la chitarra imboccando una strada che piano piano ha portato al Rock grazie a brani come “Shipbuilding”, “Birds Will Still Be Singing”, “All Grown Up”, “Suit Of Lights”, “I Want You” dove il pubblico ha cominciato a interagire e rispondere con quanto accadeva sul palco. Un concerto, comunque sia, eccellente.



