Proviamo a immaginare un mondo in cui Bush sia presidente degli Stati Uniti d’America, Sarkozy capo di Stato in Francia, Angela Merkel Cancelliera in Germania. Nel 2017 l’asse del pianeta potrebbe essere di nuovo riallineato con questi nomi e, di conseguenza, spostato radicalmente a destra. Fantascienza? No. Una minaccia per la sinistra autodistrutta in Europa o sepolta sotto l’ondata di movimenti neo populisti (Grecia a parte)? Sì.
Una minaccia per il mondo? Le parole della star di Hollywood Sean Penn («Ringrazio l’amministrazione Bush per aver creato l’Isis») sono una semplificazione che però rende l’idea della responsabilità americana nella destabilizzazione dell’area mediorientale. Rimpiangeremo mr. Obama? Senz’altro. Qualsiasi sarà la nuova amministrazione a stelle e strisce vincitrice nel novembre 2016 difficilmente sarà più a sinistra. Appariranno subito lontani i tempi della riforma sanitaria e degli sgarbi istituzionali al premier di Israele Benjamin Netanyahu, un altro che appare destinato a regnare ancora a lungo, anche sui territori occupati del popolo palestinese. Altro che due Stati.
La normalizzazione verso destra in America è destinata a compiersi sia con un’eventuale vittoria di Hillary Clinton, sia con lo sciagurato ritorno alla Casa Bianca di un Bush, questa volta Jeb, governatore della Florida, fratello di George W. e figlio di George I. Sempre gli stessi nomi, sempre le stesse dinastie. E, a volte, l’eventuale rottamazione può apparire anche più minacciosa del già nefasto passato.
La corsa alle elezioni presidenzialidel 2016 è iniziata con la prima candidatura ufficiale in campo repubblicano: quella di Ted Cruz. Radicale della destra liberista e oltranzista del Tea party, più presentabile di Sarah Palin ma con le stesse idee sull’aborto e sui migranti. Sua madre è nata in Delawere, il padre è cubano e lui, parlamentare eletto in Texas, è nato in Canada. La maternità dovrebbe garantirgli la possibilità alla candidatura, ma la Costituzione degli Stati Uniti non è chiara su questo punto. Vedremo. Intanto è in corsa. Ha anticipato tutti i partecipanti alle primarie repubblicane con un tweet: «C’è bisogno di una nuova generazione di conservatori coraggiosi per rendere l’America grande di nuovo e sono pronto a stare al vostro fianco per guidare la lotta».
In politica estera è un super falco, vorrebbe riportare gli States a primo gendarme del mondo. Divenne famoso bloccando in Senato la riforma sanitaria con un discorso lungo 21 ore consecutive senza interruzioni, roba da record che la provincia americana apprezza molto. Alla fine a favorire il terzo Bush, soltanto sulla carta più moderato, potrebbe essere l’altro esponente radicale del Tea party Rand Paul, che pesca nello stesso bacino elettorale di Cruz.
In Francia le ultime elezioni amministrative hanno riportato in alto la stella destrorsa di Nicolas Sarkozy, che vince contro il grigiore triste di Hollande e il pericolo nero lepenista, mentre sembra già passato un secolo dalla strage di Charlie Hebdo con le periferie della capitale e di città come Marsiglia che continuano a ribollire di odio, degrado e violenza. Tra gli altri danni causati dalla sua presidenza la guerra di Sarkozy alla Libia di Gheddafi nel 2011 è solo l’ultimo atto di elefanti nelle cristallerie arabe.
Intanto, la Germania dell’austerità imposta all’Europa dei poveracci continua a essere il teatro del lungo regno rigorista della lady di ferro che viene dall’Est. L’Italia non è forse più quella di nani e ballerine berlusconiani ma il radicalismo e la violenza delle scelte di destra appare anche superiore in epoca renziana. E in questo gioco di pedine inamovibili, guardando “oltre cortina”, s’intravede ancora il Kgb con un nome e cognome: Vladimir Putin. Il mondo gira, ma non troppo e comunque verso destra.
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