Si moltiplicano i libri su Roma. Gli scrittori si trasformano in guide, rivelando però una verità un po’ meno ovvia dei luoghi in cui abitano. Il libro di Fulvio Abbate, Roma vista controvento, Bompiani, è una sterminata “opera-città” di 700 pagine, gremita di personaggi, monumenti e quartieri.
Basta sfogliarne l’indice: dal nastro trasportatore di bagagli dell’aereoporto Leonardo da Vinci al cannone del Gianicolo, dal Pantheon ai filetti di baccalà, dal pizzardone ai magazzini Mas, dai palazzinari alle buche stradali, dal cantante Franco Califano allo scrittore Ennio Flaiano, dai vespasiani alle lapidi, dai locali di tendenza giovanile ai motorini, dalle grandi maschere romane, Paolo Stoppa all’ex tennista Adriano Panatta, dai cani di Roma agli storni, da San Basilio all’Olgiata, da Carlo Verdone a Nanni Moretti.
Il catalogo è sconfinato e quasi terminale, quasi un componimento funebre letterario sulla città eterna, dove tendono a prevalere cupi scenari fascisti-criminaloidi. Impossibile renderne conto in modo minimamente esauriente. Mi limito a un paio di prelievi, solo per rendere conto dello sguardo dell’autore, naturalistico e visionario. Gli attuali frequentatori del Caffè Greco «sono ormai i commessi dei negozi di abbigliamento del centro, travestiti da duchi di Windsor con gli abiti del proprio stesso negozio…». O la pagina in cui si dimostra che i romani per andare a Ostia vorrebbero prendere la via del mare, che resta però irraggiungibile, benché a pochi passi, oltre la recinzione, un po’ onirica, mentre si ritrovano tutti sulla via Ostiense.
Abbate è un ritrattista minuzioso e animato da pietas. Perciò meglio i ritratti di personaggi meno noti, di caratteristi, meglio Garrone, Merli, Carotenuto (o una istantanea commossa sullo scrittore Luca Canali) di Gassman e Mastroianni. E alla fine la città somiglia a «un obitorio monumentale, disturbato, interrotto sovente dai camion con gli attrezzi per fare il cinema… un campo di rovine irripetibili da visitare ».