Nelle fotografie di Vivian Maier diventano protagoniste di microstorie, originali, curiose, talvolta ironiche più spesso velate di malinconia. Per vivere faceva la bambinaia, ma grazie al suo talento con la Rolleiflex e con la Leica, è entrata nella storia della fotografia.

I suoi sorprendenti scatti in bianco e nero raccontano la vita nelle strade di New York e di Chicago negli anni Cinquanta e Sessanta, con uno sguardo attento a tutto ciò che accade nella vita delle persone “comuni”, che nelle fotografie di Vivian Maier diventano protagoniste di microstorie, originali, curiose, talvolta ironiche più spesso velate di malinconia. Uscendo decisamente dall’ordinario. Come è accaduto a lei stessa.  Per vivere, infatti, Maier faceva la bambinaia, ma grazie al suo talento con la Rolleiflex e con la Leica, è entrata nella storia della fotografia. Anche se soltanto dopo la sua scomparsa, avvenuta nel 2007. A scoprire il suo lavoro è stato, quasi per caso, un giovane, John Maloof, alla ricerca di scatti inediti per un libro su Chicago che un giorno ha acquistato all’asta dei negativi, facendo venire alla luce la sensibilità di Vivian nel cogliere il senso più profondo di uno sguardo incrociato per caso, l’intensità di attimi di vita vissuta da sconosciuti incontrati nelle piazze, nei negozi, sui mezzi pubblici della metropoli americana. Centoventi fotografie della Maier e otto suoi filmati in super 8 sono dal 20 novembre al 31 gennaio in mostra a Formafoto a Milano. L’esposizione curata da Anne Morin, e realizzata in collaborazione con Chroma Photography, permette di conoscere una parte dello sterminato lavoro della fotografa americana di origini francese: il suo archivio, infatti, contiene 150mila negativi, una messe di pellicole non sviluppate, stampe, film in super 8 o 16 millimetri, registrazioni, appunti e altri documenti che lo stesso Maloof ha catalogato e divulga organizzando mostre in giro per il mondo. Ma anche attraverso la realizzazione di documentari, come il film Alla ricerca di Vivian Maier realizzato con Charlie Siskel e distribuito in Italia da Feltrinelli Real Cinema. «Non ero né un fotografo né un regista: è stata Vivian a trascinarmi nella fotografia. Con questo lavoro ho imparato a fare foto, ma anche a girare un film», ha raccontato Maloof in una recente intervista.

«Seppur scattate decenni or sono, le fotografie di Vivian Maier hanno molto da dire sul nostro presente. E in maniera profonda e inaspettata – scrive Marvin Heifermann nell’introduzione al catalogo e dito da Contrasto – Maier si dedicò alla fotografia anima e corpo, la praticò con disciplina e usò questo linguaggio per dare struttura e senso alla propria vita conservando però gelosamente le immagini che realizzava senza parlarne, condividerle o utilizzarle per comunicare con il prossimo. Proprio come Maier, noi oggi non stiamo semplicemente esplorando il nostro rapporto col produrre immagini ma, attraverso la fotografia, definiamo noi stessi».
 

Dopo  il Man di Nuoro , Vivian Meier è protagonista della retrospettiva Vivian Maier. Una fotografa ritrovatache, dal 20 novembre al 31 gennaio, le dedica la Fondazione Forma Meravigli a Milano. La mostra, a cura di Anne Morin e Alessandra Mauro, è realizzata in collaborazione con Chroma Photography.


 

 

per info: www.formafoto.it

 

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