Il giorno dopo la prima finanziaria spiegata via Twitter, dei reali provvedimenti previsti nel Def sull’università si sa ben poco. Certo, ci sono gli annunci del premier Renzi a Che tempo che fa, la slide mostrata ieri durante la conferenza stampa e oggi informazioni filtrate dal Sole 24 ore che è sempre molto solerte nel diffondere news sui provvedimenti del governo. Ma di scritto per ora non c’è nulla. «E io preferisco commentare qualcosa che vedo nero su bianco», afferma Manuela Ghizzoni, deputata Pd e che da sempre ha seguito i temi della formazione terziaria (è stata anche presidente della Commissione Cultura e Istruzione della Camera). Dalle anticipazioni filtrate dal quotidiano della Confindustria sarebbero previsti oltre ai 500 “cervelli” da far rimpatriare anche 1000 ricercatori di tipo b, cioè che attraverso la tenure track, potrebbero diventare docenti a tutti gli effetti, mentre per gli altri di tipo a (a tempo determinato) il turn over dovrebbe passare nel prossimo anno dal 60 al 100 per cento. Si parla di investimento di risorse per 300 milioni, ma siamo ben lontani per esempio dalla cifra che aveva auspicato lo stesso presidente della Crui Gaetano Manfredi (qui l’intervista)
«Questa mattina si rincorrevano le voci, ma non c’è niente di sicuro» continua la deputata democratica alla sua nona finanziaria. «E poi c’è tempo per modificarla, non è un decreto e quindi possono arrivare gli input anche dal Paramento», continua Ghizzoni. Per esempio, il provvedimento annunciato dei 500 prof esteri, già sarebbe cambiato, si tratterebbe di un bando aperto a tutti. Ma al di là delle voci e degli annunci, quello che è certo è che «500 professori sono insufficienti», dice Ghizzoni.
Diritto allo studio in alto mare
Così come sono insufficienti, afferma l’esponente democratica, i 162 milioni che pure sono stati stabilizzati per il diritto allo studio. Di questo tema il premier Renzi non ha detto nulla, né nelle slide, né in televisione. Eppure è un nodo cruciale. Secondo i dati del Miur, in dieci anni si sono persi 80mila iscritti all’Università e nel 2015 il nuovo certificato Isee ha escluso migliaia e migliaia di studenti dalla possibilità di avere borse di studio. È chiaro che l’alto costo delle tasse universitarie non facilita il proseguimento degli studi.
«Sull’aumento delle risorse per il diritto allo studio negli ultimi mesi c’è stato un balletto di cifre e di dicharazioni», ricorda Alberto Campailla, portavoce della rete studentesca Link. «Prima il ministro Giannini aveva parlato di 100 milioni, poi il sottosegretario Faraone di 200 milioni, invece adesso non appare nulla nel Def», continua. Secondo Campailla occorrerebbero almeno 400 milioni per permettere a tutti gli aventi diritto il diritto allo studio.
Il tavolo tecnico al Miur
Oggi comunque un primo passo c’è stato. Al Ministero si è riunito un tavolo tecnico proprio per tentar di trovare soluzioni ai problemi derivanti dal nuovo certificato Isee. All’incontro, racconta Campailla, hanno preso parte il capo dipartimento del diritto allo studio Marco Mancini, il presidente del Cnsu (Consiglio nazionale studentesco universitario) Andrea Fiorini, il presidente Andisu (associazione dei diritti allo studio regionali) Carlo De Sanctis e Monica Barni assessore regionale della Toscana alla cultura e responsabile del diritto allo studio per la Conferenza Stato Regioni.
Che cosa è accaduto? «È positivo che sia stato intrapreso un percorso condiviso, ma non c’è certezza, perché a proposito del certificato Isee, è stato detto che c’è la possibilità di un decreto che innalzerebbe il tetto del reddito, in modo da far rientrare anche gli studenti esclusi, quest’anno. Ma, ripeto, si parla di “possibilità”. E poi, l’altro grave problema: la mancanza di risorse. Il Miur non ha i soldi e quindi dovrebbero pensarci le Regioni. Ma anche in questo caso, nulla di sicuro, visto che dovremo aspettare la convocazione della Conferenza Stato-Regioni», dice Alberto Campailla che conclude: «Il tema cruciale non è solo risolvere l’emergenza dei certificati Isee, quanto il fatto che nel Def non figurano risorse per il diritto allo studio».
A questo proposito, lapidario il commento di Domenico Pantaleo, segretario nazionale Flc Cgil: « Si eliminano le tasse sulla prima casa anche per i ricchi, si concedono tagli di imposte sostanziosi alle imprese ma nulla per cambiare la legge sulle pensioni, per i contratti pubblici, per il diritto allo studio, per il precariato e per gli investimenti nei settori della conoscenza».