E così, nonostante l’exploit mediatico di papa Bergoglio, i ragazzi italiani non amano l’ora di religione. Anzi, la disertano sempre di più. I dati parlano chiaro. Nell’anno scolastico 2013-2014 l’aumento degli studenti che non frequentano l’ora di religione è stato del 105, 4%, secondo i dati dell’Osservatorio socio-religioso del Triveneto e dell’Istat, riportati oggi da Repubblica. E non è solo un fenomeno che riguarda i più grandi, gli studenti delle scuole superiori, il che sarebbe anche comprensibile, visto che quella è l’età in cui tendenzialmente si rifiutano i dogmi. No, nella scuola primaria c’è stato un aumento addirittura del 175 %.
Insomma, uno studente su cinque dice di no all’Irc (insegnamento della religione cattolica). Questo significa che sempre più genitori giovani decidono di non avvalersi di questa disciplina nella formazione dei loro figli, regolamentata da un decreto del 1985, dopo il Concordato con il Vaticano firmato dal socialista Bettino Craxi. Gli ultimi dati sul gradimento dell’ora di religione significano che le nuove generazioni in Italia sono sempre più refrattarie ai precetti della Chiesa cattolica. Che, ricordiamo, come testimonia ogni anno la ricerca congiunta di Critica liberale e Cgil nuovi diritti, spadroneggia nell’informazione. Per esempio, l’ultimo rapporto, della primavera 2015, ha evidenziato il fatto che nella stagione televisiva 2013-2014 la presenza dei cattolici sui media ha sfiorato il 95,5% dei casi in cui la Tv si occupa di religione. E non si tratta solo di apparizioni del papa o di altri prelati nei programmi di informazione o nei tg. Bensì di fiction sulla vita di santi o di personaggi convertiti. Per non parlare poi della presenza di esponenti cattolici nei talk show.
Insomma, un’invasione cattolica che non risparmia nemmeno i media più laici. Emblematico il caso di Repubblica, fondato da Eugenio Scalfari, che da sempre si proclama illuminista e laico. Ebbene proprio il quotidiano di De Benedetti è stato il giornale che forse di più ha sdoganato la Chiesa esaltando l’immagine di Bergoglio. Non c’è molto da stupirsi, in effetti. Anni fa Scalfari, il grande illuminista, il cultore della dea ragione, in un suo editoriale aveva scritto che le religioni sono importanti perché salvano dal vuoto creato dalla caduta delle ideologie.
Quella che potremmo chiamare la contraddizione di Scalfari, poche settimane fa è stata rivelata dallo scrittore Giorgio Montefoschi sul Corriere della Sera. «Come fa a dirsi ateo un uomo che fin dall’infanzia, molto prima di contare i giorni – come ci racconta nel suo diario – è vissuto corteggiando la morte? Come fa a proclamarsi non credente un uomo che non smette di dialogare con il Dio nel quale non crede? Un uomo che, certo, scrive: “Dio non esiste perché siamo noi ad averlo inventato”, e subito dopo aggiunge: “Ma dove nasce il pensiero? Qualcuno o qualche cosa hanno creato il cogito (di Cartesio)”?».
«La religione serve come lettura del presente», ha detto questa mattina alla trasmissione di Radio Tre Tutta la città ne parla Andrea Monda, che oltre ad essere un insegnante di Irc è anche scrittore e curatore di una trasmissione su Tv2000 (emittente controllata dalla Cei). Ancora una volta vengono rinverdite le “radici cristiane” della cultura occidentale. Ma è davvero questo, il presente della cultura contemporanea? Siamo in un’epoca in cui i popoli si incontrano, spesso con conflitti, ma comunque si incontrano. E le culture, a fatica, si mescolano. Siao in un’Italia in cui c’è una maggiore consapevolezza dei diritti civili (vedasi il consenso che gli italiani mostrano nei confronti del matrimonio gay), in cui certi capisaldi come quello della famiglia naturale crollano anno dopo anno.
La società è in movimento e la religione non è più l’approdo ideale. Lo dimostrano i più giovani a scuola. E questa è una realtà.
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