È l’uomo più ricercato d’Europa. Il nemico pubblico numero uno. Lui, Salah Abdeslam, l’unico degli attentatori di Parigi ad essere rimasto in vita e ora in fuga per l’Europa ricercato dalla polizia e forse, dagli stessi miliziani dell’Is, per i quali il giovane francese di orgine marocchina residente in Belgio potrebbe essere un traditore. Reo di non essersi fatto saltare in aria, di aver mancato l’ultimo mortale obiettivo probabilmente fissato nel XVIII arrondissement. Le operazioni antiterroriste compiute ieri e questa mattina a Bruxelles, con un totale di 21 fermi, non hanno portato all’arresto di Salah Abdeslam. Dopo gli attacchi di Parigi infatti Salah è riuscito a sfuggire a un controllo dei gendarmi francesi alla frontiera franco-belga ed espatriare, ma resta il mistero su come effettivamente siano andate le cose dopo gli attentati. Ma Salah non è l’unico in famiglia a essere coinvolto negli attacchi di Parigi, con lui c’era anche il fratello Brahim, morto kamikaze dopo essersi fatto esplodere – lui sì – sulla terrazza del bar Comptoir Voltaire nell’ XI arrondissement. Negli ultimi giorni se da un lato si è scatenata una vera e propria caccia all’uomo, dall’altro emergono sempre più particolari sulle vite dei terroristi prima e dopo la “riconversione” all’islam più radicale. Dettagli che segnano un identikit comune fra i foreign fighters arruolati in Europa da Daesh.
I fratelli Abdeslam. Una vita dissoluta poi la svolta radicale.
Salah ha 26 anni, il fratello Brahim Abdeslam ne ha 31. Entrambi sono nati a Bruxelles, figli di immigrati marocchini con cittadinanza francese, vivono a Molenbeek, un quartiere situato a ovest del centro di Bruxelles, caratterizzato da una grande concentrazione di stranieri provenienti dal Nordafrica e più in generale dai paesi arabi. I genitori di Salah e Brahim hanno vissuto in Algeria quando era sotto il controllo della Francia, sono cittadini francesi. Anche Salah e Brahim sono cittadini francesi come gli altri due fratelli Abdeslam e la sorella. Abdaramane è un autista della metropolitana in pensione, e Yamina fa la casalinga, la gente del suo quartiere la descrive come «una persona gentile, allegra e carina». L’altro fratello è Mohamed, è stato un impiegato del municipio di Molenbeek per circa dieci anni. Il suo capo lo ricorda come un uomo garbato, che è stato anche membro del gabinetto dell’ex sindaco Philippe Moureaux, una di spicco per la vita del quartiere.
Chi lo conosceva parla di Brahim come di un tipo tutto sommato tranquillo, fumava cannabis e, sì, in passato aveva fatto qualche stupidaggine, ma sostanzialmente era un ragazzo a posto, non era un violento. Aveva studiato come elettricista, ma poi non aveva esercitato il mestiere. Si era sposato, secondo il rito civile e non secondo quello religioso, con una ragazza di nome Niama. Il matrimonio era durato due anni poi i due si erano separati. L’ex moglie intervista dal quotidiano britannico Daily Mail lo definisce come una persona più che altro pigra, con un buon carattere e che non aveva mai manifestato atteggiamenti violenti. Le sue giornate erano tutte uguali, le passava a fumare cannabis e a dormire. Brahim era il proprietario di Le Béguines, un bar a Molenbeek. 9 giorni prima degli attentati, il locale è stato chiuso a seguito di un’ordinanza della polizia che ha imposto un fermo dell’attività per 5 mesi, dopo che nella struttura era stata trovata della cannabis. Piccoli guai con la giustizia che si ripetevano periodicamente, lo scorso maggio Brahim era stato colto sul fatto durante una rapina a un bar-tabacchi, il suo arresto era stato addirittura ripreso dalla tv belga.
Salah Abdeslam, il fratello minore, oggi in fuga per l’Europa, era il direttore del bar del fratello. A 26 anni conduceva una vita di eccessi. Molte delle testimonianze degli amici lo descrivono infatti come una persona in perenne stato di eccitazione, sempre alla ricerca di qualcosa di estremo. Non valeva la pena andare a trovarlo a casa prima delle tre del pomeriggio, passava il suo tempo a dormire perché in genere usciva e rientrava a tarda notte o il mattino seguente. Secondo qualcuno «era sempre fatto e conduceva una vita dissoluta. Ossessionato dalle donne, ogni sera ne portava a letto una diversa».
Eppure tra le molte voci c’è anche chi lo descrive come «un ragazzo carino, timido e gentile» come ha fatto il presidente di un centro giovanile di Molenbeek, Moustafa Zoufri.
Per Mohamed Abdeslam, uno dei suoi fratelli non coinvolti negli attentati, Salah è soprattutto un tipo molto intelligente. Intelligente e irrequieto.
Fin da giovane, infatti si era contraddistinto per avere un animo piuttosto turbolento tanto da aver causato in passato l’incendio della sua stessa casa di famiglia. Incapace di condurre una vita stabile. Prima di lavorare come direttore del locale del fratello Salah era impiegato in un’azienda di trasporti a Bruxelles da cui fu licenziato nel febbraio 2011 dopo aver commesso troppe assenze ingiustificate.
Tutti e tre i fratelli, Brahim, Mohammed e Salah hanno avuto dei guai con la legge già all’inizio del 2000 ed erano stati chiamati a comparire di fronte al tribunale di Bruxelles per traffico di droga.
Il percorso di radicalizzazione di Brahim e Salah inizia però solo 5 anni fa, nel 2010, dopo che Salah trascorre un periodo in carcere scontando una condanna per furto con scasso e traffico di droga. È allora che comincia a frequentare Abdelhamid Abaaoud, considerato l’architetto degli attacchi terroristici di Parigi e degli ultimi attentati attribuiti a Is che erano stati organizzati e non erano andati a buon fine. Salah entra a far parte delle milizie dello Stato Islamico nel 2013, impara tutto quello che c’è da sapere sulla clandestinità, su come eludere i servizi di sicurezza e il monitoraggio dell’intelligence. Sia lui che Brahim avevano smesso di bere e di fumare da tre mesi, avevano iniziato a comportarsi in maniera regolare e a fare sport. Qualcuno del quartiere sostiene che si stessero preparando alla guerra, altri invece affermano di non essersi accorti di nulla. Il fratello Mohammed vedeva Salah e Brahim cambiati: «non bevevano più, non fumavano più e andava alla moschea», ma non credeva – assicura in un’intervista televisiva – che quello fosse il segno di una loro radicalizzazione. Non credeva che dietro ci fosse un piano, un progetto come quello messo in atto il 13 novembre a Parigi. Le tracce seguite dagli inquirenti aprono la prospettiva di un probabile viaggio in Siria di Salah che sarebbe proprio quest’estate passato per l’Italia per poi da Bari imbarcarsi su un traghetto per la Grecia e successivamente, ad agosto, rientrare in Belgio sempre attraversando da sud a nord il nostro Paese. Un viaggio che se venisse confermato andrebbe a ribadire ancora una volta l’esistenza di un “profilo comune” fra i terroristi.