Le elezioni spagnole le ha vinte Podemos, anche se è solo la terza forza del Paese e se l’obbiettivo non nascosto del partito che si presentava per la terza volta agli elettori, prima assoluta alle politiche, era quello di sopravanzare il partito socialista. Il quadro politico che si apre è complicato sia dal punto di vista della formazione di una maggioranza che, poi, nella gestione di un governo se e quando se ne troverà una, tanto da far titolare il commento di El pais “Bienvenidos a Italia”, benvenuti in Italia.
I risultati
(elpais.com)
Il PP del premier Mariano Rajoy perde quasi tre milioni e mezzo di voti rispetto al 2011, ma si conferma primo partito con il 28,7% dei voti e 122 seggi su 350. Perde 64 deputati e la maggioranza assoluta. Il Psoe di Pedro Sanchez arriva secondo con il 22,1% e 91 deputati, evitando il sorpasso e garantedosi il ruolo di ago della bilancia. Podemos riesce nella remontada (rimonta) che ha annunciato nelle ultime settimane di campagna elettorale: prende il 22% dei voti e porta in parlamento 69 deputati, arriva primo in Catalogna e nel Paese Basco e va molto bene in molte regioni. Quarti con il 13,9% e 40 deputati si piazzano i centristi anti-casta di Ciudadanos guidati da Albert Rivera, che nei sondaggi aveva prima superato Podemos e poi lo rincorreva da vicinissimo.
Che succede adesso?
La legge elettorale favorisce i due primi partiti: la distanza in voti è molto minore di quella in seggi. Da questo punto di vista PPE e PSOE si trovano un regalo. L’altro regalo, per Rajoy è la legge del Senato: qui il suo partito ha la maggioranza assoluta e sebbene il Senato abbia un ruolo minore, ha comunque un potere di veto. Difficile forzare troppo in materia autonomica e costituzionale, quindi.
Rajoy avrà l’incarico di trovare una maggioranza, lo ha detto lui e il leader socialista Sanchez ha ribadito che spetta al PPE provarci. L’eventuale alleanza con Ciudadanos non ha i numeri, specie se si considera che gli altri che potrebbero partecipare sono gli autonomisti: PPE e C’s sono entrambi nazionalisti spagnoli e centralisti, difficile mettersi d’accordo. Ciudadanos, poi, alleandosi con Rajoy da una posizione di debolezza – a meno di non ottenere grandi cose dal punto di vista del programma – ha tutto da perdere. Un governo delle sinistre, con il voto dei partiti autonomisti, è possibile. Sul tema dell’autonomia e della necessità di riformare il sistema, c’è una convergenza tra Podemos e socialisti. Iglesias ha già messo dei paletti: un’eventuale coalizione deve essere quella che guida la transizione a un nuovo sistema politico. “Nuova transizione” significa avviare un processo simile a quello della transizione dalla dittatura franchista alla monarchia costituzionale vigente. Iglesias chiede più o meno una costituente. Il Parlamento si riunisce il 13 gennaio, saranno settimane di trattative intense. Osservare come saranno condotte, quanto alla luce del sole, sarà interessante.
Chi vince e chi perde
Lo abbiamo detto, vince Pablo Iglesias, che qualche mese fa ha deciso di abbandonare il suo scranno al Parlamento europeo e di tornare in Spagna a guidare la campagna elettorale. Da quando è tornato – non è solo merito suo, inutile dirlo – le cose, che andavano male per Podemos, hanno ripreso a funzionare. Le alleanze locali con movimenti catalani e baschi hanno aiutato. Ora Podemos può pensare di governare – in caso di coalizione a sinistra – o essere l’opposizione di un governo di minoranza di centrodestra o di Grande coalizione. In entrambi i casi ha buone carte. Prende voti nelle aree urbane e nelle regioni più dinamiche, che non è un elemento da sottovalutare.
Il Psoe salva la pelle e si trova in una posizione difficile. Deve decidere se legarsi al partito nato dopo gli indignados – che in campagna elettorale ha cercato di renderlo una forza politica del passato – o a Rajoy. Sarebbe stato peggio se fosse arrivato terzo. Non ci è andato lontano.
Il PPE a modo suo vince, ma si sapeva. Resta il primo partito lasciando gli altri molto distanti. Un miglior risultato di Ciudadanos lo avrebbe danneggiato parecchio. Così non è stato. Ora dovrà cercare di trovare una maggioranza oppure di giocare il ruolo di opposizione responsabile (che se facesse le barricate, perderebbe consensi).
Ciudadanos e Rivera, che pure non ottengono un cattivo risultato, perdono più di tutti. Sembravano la forza con il vento in poppa, arrivano quarti, lontano dagli altri. Si vede che l’elettorato centrista, a differenza di quello di sinistra, ha preferito in misura maggiore le certezze del PP, alla novità e alle incertezze. Che elettorato conservatore sarebbe altrimenti? Ciò detto, è interessante come i due partiti nuovi abbiano preso il 35% dei voti e che l’opposizione, nel suo complesso, abbia più del 70%.
A modo suo, e nel suo piccolo, vince anche Alberto Garzon, trentenne leader di Izquierda Unida. Aveva proposto un’alleanza a Podemos che ci fosse stata, in teoria, avrebbe consentito di superare i socialisti e far guadagnare a Iglesias e ai suoi un numero molto maggiore di deputati. Oppure no: Podemos prende voti anche vendendo un’idea di nuovo e di taglio con le radici ideologiche del passato. L’alleanza con IU magari avebbe fatto perdere invece di guadagnare. Nonostante il terremoto e il successo di Podemos, Unidad Popular (l’alleanza di IU) prende il 3,6 e torna in parlamento.
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