Via ai comitati per il No alla riforma Boschi. Bersani&co l’hanno votata, ma sul plebiscito chiesto da Renzi sono in difficoltà

Rodotà, Zagrebelsky e gli altri odiati gufi lanciano i comitati del No per il referendum sulla riforma Boschi. E, consapevoli del fatto che il premier abbia investito l’appuntamento di un più largo significato – con studiate battute lanciate durante la conferenza stampa di fine anno -, vogliono evitare che i referendum diventino un plebiscito sul premier. Per questo vorrebbero che la richiesta partisse non dal governo ma dai parlamentari che, sollecitati dal comitato, firmando in massa, possono stemperare l’enfasi posata dal premier sul referendum. Renzi ha infatti detto chiaramente: «Se perdo il referendum costituzionale, considero fallita la mia esperienza in politica». Il referendum sulla riforma che porta la firma di Maria Elena Boschi, dunque, è per Renzi un voto anche sul jobs act, sulla buona scuola, sull’insieme delle sue riforme. Ed è questo a mettere ulteriormente in imbarazzo la minoranza dem – ulteriormente, sì, cioè più di quanto non procuri già lo stare nel mirino di ex professori amici, come Rodotà o Zagrebelsky. Non è un caso che a cominciare da Pier Luigi Bersani e da Gianni Cuperlo, i più abbiano per ora scelto il silenzio. Hanno timidamente criticato l’all-in del premier sul quesito costituzionale ma non detto di più. «Per ora non parlo», è la risposta che abbiamo ricevuto prima di chiudere questo numero. Volevamo sapere – ad esempio – se qualche parlamentare Pd avrebbe risposto alla richiesta dei giuristi. Vedremo lunedì 11, quando alla Camera, mentre l’aula darà l’ultimo voto alla riforma, nella sala stampa verranno presentati – appunto – i comitati.
Dietro il tavolo ci sono i costituzionalisti, consapevoli ormai di esser vittime degli effetti della propaganda renziana. Sandra Bonsanti sa bene che il fascino dei professori, dopo decine di slogan sui gufi, non è più lo stesso: «Serve una generazione nuova», dice infatti, «bisogna che i giovani si rendano conto che con questa riforma si troveranno delle istituzioni più deboli». Vanno avanti, cercano forze fresche, e sperano di poter sfruttare la raccolta firme per i referendum sull’Italicum, i gufi. Qui c’è però il problema del Movimento 5 stelle che al premio di maggioranza ha forse fatto la bocca, e le firme per abrogare l’Italicum non le raccoglie.

cover left n.2 | 9 gennaio 2015

 

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Sono nato a Roma, il 23 febbraio 1988. Vorrei vivere in Umbria, ma temo dovrò attendere la pensione. Nell'attesa mi sposto in bicicletta e indosso prevalentemente cravatte cucite da me. Per lavoro scrivo, soprattutto di politica (all'inizio inizio per il Riformista e gli Altri, poi per Pubblico, infine per l'Espresso e per Left) e quando capita di cultura. Ho anche fatto un po' di radio e di televisione. Per Castelvecchi ho scritto un libro, con il collega Matteo Marchetti, su Enrico Letta, lo zio Gianni e le larghe intese (anzi, "Le potenti intese", come avevamo azzardato nel titolo): per questo lavoro non siamo mai stati pagati, nonostante il contratto dicesse il contrario.