Una tregua durata un battito di ciglia: la santa alleanza tra Ted Cruz e John Kasich per fermare Donald Trump collassa 24 ore dopo essere stata annunciata, contribuendo a rilanciare l’immagine di un partito repubblicano messo male e proiettando, una volta di più, una luce sinistra sulla convention di luglio a Cleveland.
Il senatore texano e conservatore e il governatore dell’Ohio, il moderato Kasich, che Trump definisce in un tweet “1/38”, perché fino ad oggi ha vinto solo nel suo Stato, si erano accordati per lasciarsi reciprocamente spazio nel voto per le primarie in tre Stati. Kasich avrebbe evitato di mobilitare i suoi in Indiana e Cruz avrebbe restituito il favore in Oregon e New Mexico. Il loro è un calcolo banale: fare in modo che Trump non arrivi alla convention con 1237 delegati, il numero necessario per ottenere la nomination senza fare alleanze. Lavorando ciascuno per conto suo, stringendo alleanze con altri, sia Kasich che, soprattutto Cruz, sperano di sfilare la nomination al miliardario newyorchese che, comunque vada, sarà la persona a portare più delegati alla convention di luglio a Cleveland.
Un giorno dopo, però, Kasich ha fatto in modo di ricordare che lui in Indiana corre ancora incontrandosi con un senatore locale, dicendo in conferenza stampa: «Chi mi sostiene deve votare per me, non ho mai detto di non farlo» e annunciando la partecipazione a una raccolta fondi per la sua campagna nello Stato. Lo stesso dove gli alleati di Cruz continuano a comprare spazi televisivi per attaccarlo (qui sotto uno spot che è un segno di disperazione: “Volete fermare Donald Trump, allora fate il calcolo dei delegati”, non proprio un argomento politico con il quale convincere un elettore X, al massimo un quadro di partito).
La verità è che l’accordo non aveva senso per diversi motivi. I primi due: chi intende votare il moderato Kasich difficilmente sceglierà l’ultraconservatore Cruz (e viceversa), l’accordo è un perfetto argomento per la retorica anti Washington di Trump, che infatti ha azzannato i due ai polpacci. Ecco qualche riga della nota diffusa alla stampa. I concetti sono espressi con la solita enfasi, ma la verità è che la nota non fa una piega.
Gli accordi segreti sono illegali in molti settori, eppure i due insider di Washington hanno dovuto farne uno pur di rimanere in vita. Sono matematicamente morti e l’accordo mostra solo quanto siano deboli e quanto siano le marionette in mano ai loro finanziatori e di interessi particolari. Ho aggiunto milioni di elettori alle primarie repubblicane e ho ricevuto molti milioni di voti in più rispetto Cruz o Kasich. Inoltre, sono molto più avanti di entrambi i candidati con i delegati (…) Grazie a me tutti si sono resi conto del fatto che il sistema delle primarie repubblicane è truccato. Due candidati che non hanno possibilità di vittoria si uniscono per fermare un candidato che sta espandendo la base del partito sono l’esempio perfetto di tutto ciò che è sbagliato nel nostro sistema politico.
Il risultato dell’accordo già saltato, che avrebbe avuto senso molti mesi fa, rischia di essere un incentivo ai sostenitori di Trump ad andare a votare. Come anche le notizie che arrivano dalle convention statali dove si è già votato e dove Trump ha vinto, che stanno spesso assegnando delegati a Cruz grazie a un uso spregiudicato delle regole – in alcuni Stati il delegato alal convention deve votare il candidato per il quale è stato nominato solo al primo scrutinio, in altri non c’è vincolo di mandato. Trump accusa la campagna Cruz di aver comprato delegati.
Oggi intanto saranno gli elettori di 5 Stati a scegliere chi vorrebbero nominare, sia per i repubblicani che per i democratici. Pennsylvania, Connecticut, Rhode Island, Maryland e Delaware sceglieranno con ogni probabilità Trump e Clinton, rendendo la battaglia di Cruz e Kasich pura matematica dei delegati – non n bello spettacolo – e avvicinando Hillary alla nomination. In casa democratica la grande incognita è come reagiranno quelle migliaia di persone che continuano ad affollare i comizi di Bernie Sanders quando dovranno sostenere Clinton. Il team dell’ex first lady ha cominciato a cercare un vicepresidente da candidare, tra le possibilità in campo si dice ci sia anche Elizabeth Warren, che sarebbe una figura perfetta per convincere i “Bernie boys”. Difficile che Hillary si metta in casa un figura tanto ingombrante, ma sarebbe divertente.