Poi a fine giornata lei, la ministra dei paninari arrivati al governo, ha cercato di minimizzare dicendo di essere stata fraintesa. Al solito: è difficile cercare l’ecologia delle parole in chi ha fatto del bullismo lessicale una matrice. Così la Boschi dice che ci sono partigiani veri e partigiani falsi. Partigiani millantatori. Come riconoscerli? I veri sono quelli che concordano con il suo capo Renzi. Gli altri? Partigiani da discount. Partigiani gufi.
Ma quella della Boschi non è una scivolata, tutt’altro: non può essere sdrucciolevole un concetto come quello dell’appartenenza. E sull’appartenenza questi, costituzionalisti allo sbaraglio, hanno costruito tutta la tessitura politica che ci ha ricamato questa classe dirigente di ex compagni del liceo che si ritrovano per il consiglio dei ministri piuttosto che la cena di fine anno. E per questo il concetto di partigiano (cioè di qualcuno che sa esattamente da che parte stare piuttosto che “con chi” stare) alla Boschi proprio non sembra riuscire ad entrarle in testa: l’appartenenza a un ideale è un valore troppo rarefatto per chi tra padri, testimoni di nozze, ex collaborazionisti e fratelli di dialetto ha costruito una banda chiamandola “partito”.
Non sa, la cara Boschi, che quel suo esercito arrabattato di parteggianti non ha niente a che vedere con la partigianeria poiché sono semplicemente fiancheggiatori fluidi pronti ad attaccarsi al capezzolo del potente di turno: il contrario esatto di chi ha preso la parte dei deboli (i partigiani, appunto) a favore di una democrazia che di colpo era diventata terribilmente fuori moda. E non sa, la cara Boschi, che la grandezza dei partigiani sta proprio nel riuscire a mettersi insieme con tutte le loro profonde diversità per un ideale più alto degli interessi di bottega. L’altezza che manca, appunto, a questa riforma votata sgagnando i favori di un Verdini qualsiasi. Però la cara Boschi è riuscita a compiere un capolavoro: in poche parole ha dimostrato perché lei (e gli altri servetti di questo renzismo di polistirolo) non hanno lo spessore per mettere mano alla Costituzione. Va bene così.
Buon lunedì.
(A proposito: in questa giornata di memoria di plastica per Giovanni Falcone segnatevi che “la scorta” ha nomi e cognomi. Sono Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro e c’è un sopravvissuto che hanno dimenticato tutti: Giuseppe Costanza. Perché la memoria si fa dando il nome alle cose, anche. Figurarsi le persone.)