Superbatteri resistenti anche agli antibiotici più potenti, in grado tra trent’anni – se non si interverrà adeguatamente – di uccidere una persona ogni tre secondi, mietendo più vittime del terorrismo. Lo scenario apocalittico tracciato dal recente report della britannica Review on antimicrobial resistence, intitolato “Tackling Drug-Resistant Infections Globally: final report and recommendations“ ha riaperto il dibattito sul loro uso eccessivo, dovuto a un mix di cattive abitudini di chi si cura (e cura gli animali) e di pressioni improprie dei produttori. E l’allarme non riguarda soltanto il futuro: dal 2014, quando l’indagine è partita, sono già un milione i casi di decessi legati ai batteri resistenti, un numero che potrebbe moltiplicarsi per dieci ogni anno a partire dal 2050.
MORTI ANNUALI ATTRIBUIBILI ALLA RESISTENZA AGLI ANTIBIOTICI (AMR)
Per sperare di fronteggiare con efficacia l’emergenza, conclude ancora l’indagine, serviranno 100mila miliardi di dollari e da subito va attivato un fondo da almeno due miliardi per far partire la ricerca – rallentata in virtù di un incauto ottimismo negli ultimi anni – e mettere in campo nuove strategie di prevenzione e contrasto.
L’utilizzo di antibiotici nel mondo è aumentato negli ultimi anni soprattutto in virtù dell’incremento di domanda nei Paesi a reddito medio-basso. A guidare la classifica della dozzina dei maggiori consumatori – stilata dall’Ocse e ripresa in questa infografica di Forbes – è la Turchia, seguita da Grecia, Francia e, al quarto posto, Italia. L’Olanda, il Paese dove se ne consumano meno tra i 12, utilizza circa un quarto degli antibiotici della Turchia. Un recente studio statunitense ha provato a determinare quando la loro prescrizione si può definire inappropriata, concludendo che nel caso degli antibiotici per via orale il 30% delle volte se ne poteva fare a meno.