Per terra, tra i cespugli, un corpo senza vita, lungo via della Magliana, oltre lo svincolo per il Grande raccordo anulare. È morta così, semicarbonizzata, per mano del suo ex fidanzato Vincenzo Paduano, guardia giurata di 27 anni, che ha confessato. A 200 metri l’auto ancora avvolta dalle fiamme. La mattina seguente alla notte tra il 29 e il 30 maggio, la Capitale si sveglia così, con l’ennesimo caso di cronaca che supera la peggiore delle fantasie. Sara Di Pietrantonio, 22 anni, studentessa universitaria, è la 17esima vittima di femminicidio dall’inizio dell’anno, stando ai dati costantemente osservati dalla Casa delle donne. I dati che troviamo non sono mai ufficiali, né definitivi, ma se anche fossero “solo” 17 i femminicidi da inizio 2016, vorrebbe quasi uno alla settimana. E nel 2015 se ne sono contate 128 di donne uccise prevalentemente dal marito o dal compagno.
Che questi omicidi si consumino in ambienti criminali o tra le pareti domestiche, resta il fatto che il “fattore donna” è in crescita nel totale degli omicidi: ancora secondo Eures, il 31,9% nel 2014, un netto aumento rispetto a 25 anni fa quando i delitti di donne erano l’11,1% del totale. Dal 2013, inoltre, 11.423 donne sono state violentate, 21.272 picchiate e 78.106 vittime di lesioni.
Su questo scottante tema è intervenuto, lo scorso 18 maggio, il ministro Alfano: «Tra il 2013 e il 2016 in Italia le vittime di femminicidio sono state 452, l’8,5% in meno del triennio precedente», ha detto. Eppure le associazioni femminili si dicono preoccupate per i dati che ritengono «allarmanti e sottostimati». Secondo il rapporto Il costo di essere donna-indagine sul femminicidio in Italia, elaborato dalle volontarie della Casa delle donne a uccidere sono i mariti nel 22% dei casi, ex nel 23%, compagni o conviventi nel 9%, infine i figli nell’11% dei casi.
Ancora, secondo l’Osservatorio nazionale dello stalking (attivo dal 2007) un’alta percentuale di omicidi è preceduta da atti persecutori e molestie.
Alla Camera, depositata l’11 maggio, giace una proposta di legge su “Femminicidio e crimini domestici”, per tutelare gli orfani e i familiari della vittima. Perché, ad oggi, la legge italiana prevede che un uomo che ha ucciso la moglie, o viceversa, non viene automaticamente escluso dall’eredità della vittima. E per escludere il genitore omicida dalla successione, i figli sono costretti a intentare una costosa causa civile nei suoi confronti e vincerla.
Per molti mesi, inoltre, il Dipartimento Pari Opportunità è rimasto senza un responsabile – fatto di cui si sono lamentate spesso le associazioni e gli operatori dei centri antiviolenza -. Soltanto il 10 maggio scorso il presidente del Consiglio ha affidato a Maria Elena Boschi la guida del Dipartimento.