Ma come è “buono” il Ministero dell’Istruzione. La prima prova di Italiano all’esame di Stato, anno scolastico 2015-2016 il primo dell’era della Buona scuola, se vede gli insegnanti delusi, quando non disperati, dalla legge 107, almeno fa felici gli studenti. L’analisi di un testo di Umberto Eco, il rapporto padre-figlio, il valore del paesaggio, il voto alle donne e il superamento del Pil, l’avventura dello spazio con la figura-mito di Samantha Cristoforetti. Ecco le tracce scelte dal ministro Giannini con i suoi esperti. Temi alquanto controcorrente, verrebbe da dire, di sinistra. Addirittura in certi casi il Miur propone riflessioni in aperto contrasto, per esempio, con la politica economica del momento. Come nel caso dell’ambito socio-economico.
Il titolo è “Crescita, sviluppo e progresso sociale. È il Pil la misura di tutto?”. Le tracce sono una “spiegazione” su cosa sia il Pil tratta dal’Enciclopedia dei ragazzi della Treccani, e uno stralcio ampio di un discorso del 1968 del senatore Robert Kennedy, in cui già si parlava di un Pil che misura tutto ma «non una vita degna di essere vissuta». La ricchezza produce anche inquinamento, minaccia per la salute, disuguaglianza, vale la pena? È chiaro come questo discorso cozzi contro la caccia all’aumento del Pil dello 0,00… che caratterizza spesso il dibattito politico ed economico del Paese. Ricordate le battaglie sui report statistici?
Anche il tema di ambito storico-politico, “Il valore del paesaggio” contrasta, se vogliamo, con certe politiche del governo come quelle dello Sblocca Italia. Politiche apertamente contrastate da un professore come Salvatore Settis che alla Costituzione e alla difesa dell’articolo 9 (citato nelle tracce Miur) ha dedicato saggi e battaglie personali. Ebbene, tra i brani citati ce n’è proprio uno del normalista “Perché gli italiani sono diventati nemici dell’arte” da Il Giornale dell’arte del 2012. Se al primo posto c’è la difesa e la tutela del paesaggio, però le altre tracce scivolano un po’ sui benefici che possono arrivare dal punto di vista dello sviluppo culturale, economico e culturale (da testi di Andrea Carandini e di Vittorio Sgarbi). Che ci sia una guida occulta per spingere a ragionamenti più “morbidi” rispetto a quelli dei paladini dell’articolo 9?
Gli altri temi offrono tante sponde. Come quello di ambito artistico letterario “Il rapporto padre-figlio nelle arti e nella letteratura”. Chi è che non ha un rapporto conflittuale con il proprio padre? Qui si citano una poesia di Umberto Saba, un dipinto di De Chirico e poi un passo di Kafka dalla celebre Lettera al padre, in cui lo scrittore ceco racconta una ingiusta e dolorosa punizione. L’altro padre terribile è quello di Federigo Tozzi, il Domenico da Con gli occhi chiusi. Se il Miur vuole sapere come va il rapporto generazionale, il piatto è servito. Oppure quello di ambito storico “Il voto alle donne”, con brani tratti da Alba de Cespedes e Anna Banti. In questo caso, gli studenti, attenti agli anniversari, forse hanno avuto modo di leggere o informarsi su un argomento molto noto anche in rete. Diciamo che anche questa traccia era prevedibile, così come l’analisi del testo di Umberto Eco. Già nei siti scolastici circolavano riassunti o letture che ipotizzavano un tema dedicato all’autore de Il nome della rosa.
Infine le tracce più “leggere”, quella di ambito tecnico scientifico “L’uomo e l’avventura dello spazio” con la storia di Samantha Cristoforetti e un brano tratto da Umberto Guidoni, Viaggiando oltre il cielo. E quello di carattere generale, anche questo facile, se solo uno si è tenuto informato sulle vicende dei migranti e dei muri d’Europa: «Il candidato deve riflettere sul concetto di confine, muri, reticolati, frontiere, la costruzione e l’attraversamento di confini».
Come vediamo, un Miur benevolo e tracce che ben si prestavano alla tipologia B – articoli di giornale o saggi brevi (la tipologia introdotta dal ministro Tullio De Mauro) – che è rimasto tale e quale anche con la Buona scuola. Anche se, come si legge oggi su Repubblica, si prefigura un cambiamento dell’esame di maturità, come suggerisce Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli. «Prove comuni a tutti e una correzione unificata a livello centrale». In questa maniera datori di lavoro e atenei «avranno gli elementi per capire le reali competenze e potenzialità dei candidati indipendentemente dalla commissione e dal luogo dove sono stati esaminati». Peccato che «l’uniformità» non riguardi l’insegnamento e la aree del Paese. Ma questa è un’altra storia.