Cinquestelle, sorpasso sul Pd, è il titolo forte di Repubblica. Sondaggio Demos, commentato da Ilvo Diamanti. Le risposte del campione attribuiscono al Pd il 30,2% e a 5Stelle il 32,3. Potrebbe essere un vantaggio effimero, indotto dalle recenti elezioni amministrative, ma la notizia molto più seria, un vero knock-out nella situazione data, è il risultato previsto per il ballottaggio: il Pd guidato da Renzi totalizzerebbe il 45,3% dei voti, i 5 Stelle raggiungerebbero il 54,7%. Scarto di quasi 10 punti. Ciò significa che al movimento di Grillo sta riuscendo quello che non è riuscito a Renzi: far breccia nell’elettorato di destra e persino prendere voti nella sinistra non renziana. Il perché si capisce: chi governa deve scegliere e scegliendo scontenta qualcuno, i 5 stelle si presentano come una forza politica anti casta, né di destra né di sinistra, e questo dà loro una posizione di vantaggio che durerà fino a quando non fossero contestati dall’interno del loro campo, e in nome della loro stessa ideologia, per scelte ritenute non conseguenti o contrarie all’interesse generale. Voler correre ora ai ripari, prevedendo la semplice possibilità di coalizzarsi tra primo e secondo turno in funzione anti 5 Stelle, senza rivedere l’insieme delle riforme che tendevano e tendono a trasformare la nostra democrazia parlamentare in premierato assoluto, sarebbe vano e stolto.
Un baro da due soldi. Così Beppe Grillo definisce nel suo blog Matteo Renzi. Pietosa la contro replica della retroscenista Maria Teresa Meli: “I «5 Stelle sono usciti allo scoperto». Esattamente ciò che voleva il premier”. Scrive oggi Michele Ainis: “La riforma costituzionale sottrae alle minoranze lo spazio di manovra del Senato. E l’Italicum consegna lo scettro del comando a un gigante contornato da una folla di nanetti. Perché frantuma le opposizioni, consentendo l’accesso in Parlamento a chiunque rastrelli il 3% dei consensi. Perché rende autosufficiente il vincitore, dato che il premio di maggioranza va alla lista, non alla coalizione. E perché infine chi perde il ballottaggio non ottiene nessun premio di consolazione, col risultato che qualche voto in meno può costare la metà dei seggi. In breve, abbiamo inventato un maggioritario al cubo. In un’altra stagione, magari potrebbe funzionare. Qui e oggi, è meglio ripensarci, come chiede un fronte sempre più esteso di parlamentari, anche all’interno del Pd. Infatti nessuna legge elettorale è superiore Urbi et Orbi: dipende dal contesto, non dal testo. Ma in questo caso il testo calza a pennello su un sistema monopolare, quando in Italia i poli sono ormai diventati tre. Attenzione, c’è il rischio che il corpo strappi la camicia”. A me sembra che Renzi si sia messo in trappola: non può cambiare la legge elettorale prima che si voti per il referendum, perché le sue riforme apparirebbero così tutte ad personam. Se al referendum vincessero i sì, magari grazie a sponsor come Jovanotti, Benigni, Buffon che il guru americano Messina, secondo il Fatto, vuol reclutare alla causa del premier, Renzi correrebbe il rischio di riunire poi contro di sé tutti i nemici (di destra, di sinistra e non di sinistra né di destra), col rischio di essere spianato nel ballottaggio. Potrebbe allora cambiare l’Italicum, ma gli servirebbe quel nuovo Nazareno che Confalonieri gli offre. “Idea utile ma impossibile”, secondo Marcello Sorgi.
Sì alla Turchia nell’Unione, dice alla Stampa il ministro degli esteri, Paolo Gentiloni. La Turchia è sotto attacco: 42 morti all’aeroporto Ataturk, i kamikaze venivano da repubbliche ex sovietiche e avevano solide basi in Turchia. Difficile non accostare la strage alla lettera di scuse inviata da Erdogan a Putin per l’abbattimento del suo aereo da caccia. Difficile non chiosare l’articolo scritto ieri da Roberto Toscano “Erdogan balla coi lupi” (del terrorismo islamico), aggiungendo che l’aspirante sultano ha risuscitato lo scenario peggiore, quello da cui mosse il genocidio degli armeni, la guerra russo-turca di un secolo fa. Erdogan ora ha paura dei lupi? Ha deciso di cambiare politica estera e di rinunciare a sostenere Daesh e islamisti turcomanni in Siria? Allora aiutiamolo, aprendo le porte a quel sublimato di Europa, romana, bizantina, mediterranea che è Istanbul. Ma a una condizione: l’immediato stop ai bombardamenti sui curdi che combattono Daesh e sui villaggi curdi in Turchia. Rispetto dei diritti civili, liberazione dei prigionieri politici. Se l’Europa non è questo, non è.