«La sua domanda d’asilo era stata respinta un anno fa, ma gli era stato concesso di continuare a vivere in Germania con un permesso di soggiorno provvisorio in considerazione del conflitto in Siria. Aveva tentato il suicidio due volte ed era stato ricoverato in un ospedale psichiatrico».
Ha 27 anni ed è fuggito dalla Siria. È solo l’ultimo per oggi. L’ultimo a farsi esplodere facendo esplodere. Dopo Monaco, Ansbach… la reazione sempre la stessa. La Germania nel terrore, le politiche della Merkel sotto processo. Venti di chiusura.
Davvero pensate che se chiudiamo tutti fuori vivremo sani e felici? Se saremo tutti tedeschi o tutti italiani o tutti francesi non ci saranno pazzi in giro pronti a far esplodere la loro pazzia? Io ‘The Truman show’ l’ho visto un sacco di volte e il cielo finto me lo ricordo, e il disagio del protagonista anche e la pazzia di quella costruzione ‘sociale’ di perfezione pure. Mi chiedo sempre perché la reazione non sia esattamente quella contraria. Perché non ci si fermi a riflettere sul fatto che di fronte a persone che stanno male perché vengono da guerre, distruzione, fame, morte, lutti, perdite, violenze infinite, le risposte da dare siano altre. Altre rispetto a carte bollate, paura, centri di identificazione, espulsioni, permessi a tempo. Altre, perché poi se tentano il suicidio due volte, se vengono ricoverati in ospedali psichiatrici, qualche campanellino dovrà pure risuonarci dentro.
A volte mi fermo a pensare se fossi io a fuggire da paura e terrore, se arrivassi finalmente sulle mie spiagge della salvezza e qualcuno tentasse in ogni modo di rimandarmi da dove vengo. In ogni modo, con le buone (Cie) e con le cattive (reato di clandestinità)… cosa farei io? Le tenterei tutte? Ne avrei la forza? Fuggirei nella notte dove? Mi ammalerei? Mi lascerei rispedire indietro? Sopporterei la violenza? O perderei la forza? Mi toglierei la vita?
Non lo so. Non so rispondere. Non voglio giustificare nulla. Nessuna Ansbach. Ma non capisco perché i nostri ‘governanti’, parte della nostra politica e della nostra cultura non si fermi a riflettere sul fatto che di fronte a persone che stanno male, tante tantissime o poche che siano, qualunque sia il motivo o il loro luogo di nascita, le risposte da dare sono altre.