Con più di 1700 emendamenti presentati, slitterà in autunno l’esame approfondito della proposta di legge per legalizzare la cannabis, presentata dal sottosegretario agli esteri Benedetto Della Vedova, senatore di Scelta Civica ed ex segretario dei Radicali. L’iter del provvedimento si preannuncia lungo e arduo a causa dell’ostruzionismo delle destre. Tre i punti principali: la coltivazione a uso personale (cinque piante a testa, con la possibilità di associarsi tra consumatori, sul modello spagnolo dei social club), il possesso entro piccole quantità – 5 grammi all’esterno e 15 a casa – e la commercializzazione all’interno di un regime di Monopolio statale. Questo per quanto riguarda l’Italia. Forse.
Ma nel resto del mondo a che punto è lo status legale della cannabis?
Partiamo con l’Uruguay che nel dicembre del 2013 ha legalizzato la cannabis rendendola un monopolio di stato: nello Stato latinoamericano ogni cittadino maggiorenne può coltivare, acquistare e consumare legalmente marijuana a patto che si registri in un albo dei consumatori.
Più complicata la situazione negli Stati Uniti, dove, a livello federale l’uso della cannabis è considerato illegale, ma in 23 stati è legale se per fini medici – la prima a consentirlo fu la California, nel 1996 – ed in cinque di essi (Colorado, Washington, Oregon, Alaska e il distretto di Columbia) l’uso è legale anche per «fini ricreativi».
Nei Paesi Bassi, con meta dei consumatori provenienti da tutta Europa e dal mondo, la marijuana è legale «secondo normativa precisa»: pene pecuniarie o penali dipendono dalla singola quantità in possesso, e la detenzione fino a 5 grammi non prevede sanzioni di alcun tipo. Inoltre la vendita di droghe leggere è illegale, ma «tollerata» all’interno dei coffee shops, come lo è la coltivazione ad uso personale.
In Canada la legislazione è molto dettagliata: secondo la legge l’erba è illegale ma può divenire legale tramite apposite «licenze» governative che ne permettono l’uso a livello medico e industriale. In Spagna è illegale portarla in giro e fumarla in luoghi pubblici, ma è legale coltivarla in casa e farne uso in luoghi autorizzati, i cosiddetti social club, mentre in Portogallo è legale, dal 2001, il possesso fino a 25 grammi di marijuana e 5 di hashish, ma vietata la compravendita.
In Repubblica ceca è legale il possesso fino a 15 grammi, come è permessa la coltivazione ad uso personale con un numero limitato di piante. In molti paesi europei la cannabis è illegale, ma il consumo è depenalizzato, ossia difficilmente è previsto il carcere se non nel caso in cui la detenzione della sostanza si riveli a fini di spaccio.
Questi paesi, che presentano normative diverse tra loro circa l’uso personale, sono Germania, Francia, Belgio, Italia, Regno Unito, Irlanda, Grecia e Finlandia.
In Svizzera la cannabis è illegale, ma è permessa la detenzione fino a quattro piante in alcuni cantoni – Vaud, Ginevra, Neuchâtel e Friborgo. Particolarmente dura la legislazione in Polonia, dove la sostanza è completamente vietata e anche il possesso personale è punibile fino a 3 anni di reclusione.
In Giappone non c’è nessuna depenalizzazione e l’uso è severamente punito, anche se è personale e la coltivazione avviene all’interno delle mura domestiche.
In Russia la “maria” è stata depenalizzata nel 2010, ma il possesso di 6 grammi di di erba e 2 di hashish è punito solo a livello pecuniario; tuttavia, se si è colti con una dose superiore si rischiano le manette.
Strano il caso dell’India, in cui la sostanza è illegale ma l’uso è permesso in alcune manifestazioni religiose: a Varnasi, città sacra, è possibile farne uso sotto forma di bhang, una bevanda composta da alcuni fiori e dalla cannabis, che viene utilizzata durante i rituali Hindu.
In alcuni stati esiste un «regime doppio», come in Cambogia e Brasile, dove di fatto l’erba è illegale ma ampiamente tollerata. Vi sono poi alcuni stati in cui è prevista la pena capitale anche per il possesso di piccole quantità (Iran, Malesia, Arabia saudita, Emirati Arabi uniti), la fustigazione o l’ergastolo per piccole quantità e la pena capitale per dosi consistenti (Indonesia, Singrapore), la cura all’interno di un «campo di lavoro e rieducazione» (Cina).
Infine c’è la Corea del Nord: della legislazione del paese retto da Kim Yong-un sulla non si sa nulla con certezza. Ma secondo alcune fonti e immagini satellitari, esistono ampie coltivazioni di cannabis nel Paese.