Superba e colma di dignità. Dopo aver salutato sorridente i suoi sostenitori fuori dall’Aula, Dilma Rousseff ha fatto il suo ingresso al Senato, accompagnata da Ignacio Lula da Silva. I 180 giorni a sua disposizione sono scaduti, e adesso si è presentata davanti a Michel Temer e ai senatori che vogliono destituirla per difendersi da sola. Non doveva farlo, ha scelto di farlo. E ha pronunciato un discorso per la Storia: «Davanti alle accuse che mi sono rivolte, non posso non sentire ancora il sapore amaro dell’ingiustizia e dell’arbitrarietà. Ma, come in passato, resisterò. Non aspettatevi da me il silenzio ossequioso dei codardi».
Un discorso chiaro ed emozionante, anche per chi lo ha seguito a miglia di distanza, in diretta video sui canali social della Presidenta, che non si è limitata a difendersi dalle accuse, ma ha inveito contro chi minaccia la democrazia e la giustizia del Brasile, accusando chi la accusa di «colpo di Stato». Ai senatori in aula, ha ricordato di essere stata eletta con il voto di 54 milioni di brasiliani e – a imperitura memoria – di aver già combattuto nella Resistenza brasiliana contro il governo militare. «Anche sotto tortura», ha continuato a combattere «per una società più equa – ha ricordato Rousseff -. Ho sempre creduto nella democrazia e nello Stato di diritto e ho visto nella Costituzione del 1988 una delle grandi conquiste della nostra gente».
Questo ha voluto ricordare Dilma alla platea istituzionale: 51 senatori si sono già dichiarati favorevoli, ne mancano tre per raggiungere la maggioranza necessaria dei due terzi (54). Una parte di chi voterà per l’impeachment è accusata o implicata in vicende di corruzione. E il presidente ad interim Michel Temer è pronto a giurare di poter contare su almeno 61 senatori. La maratona “processo” è andata avanti tutta la notte Per convincerli, Rousseff ha chiuso il suo discorso con un richiamo alla responsabilità: «Faccio un ultimo appello a tutti i senatori: non accettate un colpo di Stato che, invece di risolvere, aggraverà la crisi brasiliana. Vi chiedo di fare giustizia davanti a una presidente onesta che non ha mai commesso alcun atto illegale, nella vita personale o nell’esercizio delle funzioni pubbliche che ha ricoperto. Votate senza risentimento. Quello che ogni senatore sente per me e quello che sentiamo l’uno per l’altro è meno importante, in questo momento, di ciò che tutti sentiamo per il Paese e il popolo brasiliano. Chiedo: votate contro l’impeachment. Votate per la democrazia. Grazie».
Manca ormai una manciata di ore per conoscere l’esito del processo di impeachment e, con esso, della democrazia brasiliana e del futuro dell’intera America Latina, come mette in guardia il Manifesto contro l’impeachment firmato da Noam Chomsky, Naomi Klein, Arundhati Roy, Susan Sarandon, Oliver Stone, Ken Loach, Brian Eno e altri 15 noti intellettuali: «Il Brasile è emerso da una dittatura appena 30 anni fa, e questi eventi possono ritardare il progresso in termini di inclusione sociale ed economica che il Paese ha intrapreso da decenni. Il Brasile è una grande potenza nella sua regione ed è la principale forza economica dell’America Latina. Se questo attacco contro le sue istituzioni democratiche avrà luogo, le onde d’urto avranno un riverbero in tutta la regione».