La Polonia di Beata Szydlo, l’Ungheria di Viktor Orban, la Repubblica Ceca di Bohuslav Sobotka e la Slovacchia di Robert Fico. In comune hanno tante cose, ma soprattutto una: boicottare la politica migratoria europea, e tirare a destra, sempre più a destra. Altro che relocation, in vista del vertice di Bratislava, previsto il 16 settembre, i quattro rilanciano e invocano più sicurezza e più disciplina.
Tutto si può dire a Viktor Orban – e ai tre compagni di Visegrad – tranne che non parli chiaro: «L’Ue ha perso la sua adattabilità e non abbiamo la risposta giusta all’immigrazione e al terrorismo». E propone: «Dobbiamo dare priorità alla sicurezza e cominciare costruendo un esercito comune europeo. Merkel non si oppone ma resta prudente sulla possibilità di creare un’armata europea, anche perché se i membri di Visegrad appartengono tutti alla Nato, dentro l’Ue a 27 ce ne sono almeno sei che non ne fanno parte: Austria, Cipro, Finlandia, Irlanda, Malta e Svezia. Non è una bella situazione, insomma. E il vertice di Bratislava, prova a incoraggiare Merkel, «è un punto di partenza» e non di arrivo dell’Ue a 27: «La Brexit è un profondo punto di rottura nella storia dell’Ue, quindi dobbiamo lavorare ad una risposta molto attenta».
Il Gruppo di Visegrád – che conta una superficie comune di 533.616 km quadrati e una popolazione di oltre 64 milioni di persone – si era costituito all’inizio degli anni 90 per promuovere l’integrazione del gruppo dei 4 all’interno dell’Ue, dopo anni di rapporti diretti dei singoli Stati con Bruxelles, oggi appare rinvigorito e oltre a una superficie, una popolazione e un’economia, sembra avere anche una linea politica comune: soldi e non migranti. Gli onori di casa, il prossimo 16 settembre a Bratislava, li farà Robert Fico, ovvero l’Orban slovacco (qui, una breve bio di Fico): «La Slovacchia non ha bisogno di politiche di sinistra o di destra, ma di una politica in grado di risolvere i problemi», ha detto Fico nel 2000. Di origini operaie e formato nella Cecoslovacchia comunista, Fico vince le elezioni una dietro l’altra, anche sotto le vesti di socialista europeo che combatte le politiche di austerity, mentre si allea con la destra. Oggi il suo principale alleato è Viktor Orbán e, come lui, fa della questione rifugiati un motivo di scontro culturale: «La Slovacchia è un Paese cristiano, non possiamo tollerare l’afflusso di 300mila, 400mila immigrati musulmani che vorranno iniziare a costruire moschee nella nostra terra, cercando di cambiarne la natura, la cultura e i valori dello Stato».