«Un colpo di Stato annunciato da molto tempo. Hanno condannato questa donna per non essere entrata nella corruzione». Così José “Pepe” Mujica ha definito la destituzione di Dilma Rousseff dalla carica di presidente, registrata il 31 agosto al Senato di San Paolo. Sono stati 61 i Sì all’impeachment di Dilma Rousseff, esattamente quanti ne aveva annunciati il presidente ad interim, Michel Temer. Lo aveva detto, Temer, che avrebbe potuto contare su 61 senatori per il «cambiamento», e così è andata. Adesso per Temer e il suo “governo maschio e bianco” si apre la strada dei pieni poteri, fino al 2018, forte di un 2% di popolarità tra i brasiliani e di un discorso di insediamento di ben 5 minuti. Zero donne e zero persone di colore nel governo Temer – non accadeva da 40 anni – e uno slogan: «Ordem e progresso». Mentre Dilma, nonostante la destituzione, non subirà l’interdizione dai pubblici uffici, la Corte Suprema le ha lasciato a Dilma Rousseff il diritto di continuare a partecipare alla vita politica del Paese.
Si annuncia la guerra civile a Caracas, si ammazza un viceministro in Bolivia, si protesta per le strade di Buenos Aires. L’America Latina è una bomba a orologeria, e se adesso il Brasile fosse il detonatore? L’analista politica argentina Stella Calloni, non ha dubbi: «Il golpe non è solo contro il Brasile, è contro la democrazia latinoamericana». Venezuela, Ecuador e Bolivia hanno già ritirato gli ambasciatori da San Paolo. «I politici e gli oligarchi, in alleanza con gli imperialisti, hanno portato a termine il “colpo di Stato” contro il Presidente Dilma Rousseff», ha detto il venezuelano Nicolas Maduro, che è egli stesso oggetto di impeachment mentre il suo Paese è sull’orlo della guerra civile. Mentre Rafael Correa, presidente dell’Ecuador, ha definito la destituzione come una «cospirazione contro la democrazia». Ancora più chiaro e preciso Evo Morales: «Poiché la destra latinoamericana non riesce a conquistare il potere, che ha perso con la sua negligenza, agisce con attacchi economici, sociali e spesso politici», ha detto Morales che si è visto ammazzare il suo viceministro Rodolfo Illanes dai minatori un tempo alleati. Duro, infine, il comunicato diramato dalla Cuba di Raul Castro per «condannare energicamente il colpo di Stato parlamentare-giudiziario che si è consumato in Brasile contro la Presidente Dilma».
I disastri a catena della sinistra latinoamericana cominciano a Buenos Aires, con la sconfitta di Cristina Kirchner alle presidenziali e la svolta ultraliberista di Mauricio Macri. Ancora Calloni mette in guardia: le misure adottate fin qui (e che verranno adesso adottate con pieni poteri) da Michel Temer somigliano molto a quelle di Mauricio Macri in Argentina, tagli alla spesa pubblica, austerità e repressione.