“Che bello. Ringrazio mia madre che mi ha messo al mondo, mia moglie che mi ama, mio figlio, il mio allenatore. Dove prendo tutta questa forza? Ma non serve, puoi fare quello che vuoi. Tante persone credono di aver già dato tutto e ancora non hanno tirato fuori il loro potenziale. Sono tre anni che ci do dentro e sono contento di essere riuscito a costruire qualcosa di speciale.”
Alex Zanardi vince l’oro e scrive una dedica che è un manifesto alla vita. Vince la quarta medaglia paralimpica della sua carriera e al solito non perde nemmeno tempo a usare metafore: poche parole dirette, dritte e che non hanno tempo da perdere.
Alex Zanardi è uno dei simboli migliori di quest’epoca; è l’uomo che ha perso le gambe e le ha sostituite ingrossando il cuore insegnandoci che gli arti, così come le occasioni, sono banalmente potenziali canali di forza e nient’altro. Non servono gambe con un cuore grosso così.
La disabilità è una condizione mentale che si siede di fianco alla disperazione nella stanza d’aspetto degli oppressi. Se si riesce a coltivare forza alla fine si può essere veloci anche nella penuria di possibilità. Non conta quante occasioni hai ma quanta forza, voglia e speranza riesci a buttarci dentro: così lui, Alex, finisce per prendere la forma di una cometa e vince sembrando meravigliosamente normale.
“…siamo tutti diversi in questo mondo. Da vicino, perché da lontano, invece, siamo tutti uguali. Per questo io sto in aria” scrive Elisabetta Gnone. Eppure da molto vicino e da molto lontano nessuno di noi è normale. E, lasciatemelo scrivere, quanto è rivoluzionario il momento in cui qualcuno mette in discussione le nostre misure, i nostri valori e i nostri pregiudizi.
Grazie, Alex, per avere smontato tutto ciò che crediamo vero e invece non lo è.
Buon giovedì.