Sul pattino di prima mattina a Santa Severa in un agosto del 1997, il primo giorno di ferie da ministro del Tesoro. Oppure lui che nuota insieme con la moglie, la “signora Franca” che se ne uscì una volta contro la televisione che rende stupidi. Sono immagini inusuali di Carlo Azeglio Ciampi, l’ex presidente della Repubblica scomparso oggi a 95 anni, ma che ben rappresentano un presidente “schietto”, amato dagli italiani insieme all’altro, dalla simpatia umana contagiosa, Sandro Pertini.
A proposito del giudizio sul suo operato come ministro del Tesoro sotto i governi Prodi e D’Alema, c’è chi adesso punta giustamente l’indice sull’adesione all’Unione monetaria che ha sconvolto l’Europa. Ma Ciampi credeva davvero che l’unione monetaria e quindi l’euro portassero all’Unione politica. «Occorreva anche continuare il lavoro comune per far sì che insieme con il comportamento virtuoso dei singoli, necessario per restare all’interno del sistema, si facesse strada una forma di collaborazione più intensa e continuativa, dalla quale l’Unione Europea nel suo complesso sarebbe uscita rafforzata» ha dichiarato in un’intervista alla stampa nel 2010.
Non fu così e gli effetti di quell’errore sono sotto gli occhi di tutti. Ma Ciampi – per anni governatore della Banca d’Italia – è anche colui che venne chiamato a un governo tecnico subito dopo Tangentopoli, dal 1993 al 1994, ed è che nel 1999 è stato eletto in poco più di due ore alla presidenza della Repubblica, trovandosi al Quirinale negli anni in cui il centrodestra provò a cambiare la Costituzione, tentativo bocciato dal referendum del 2006.
Livornese, amante della letteratura – aveva anche una laurea in lettere – Ciampi cercava di avvicinare i cittadini alle istituzioni, forse anche perché “prestato” alla politica. Soprattutto era un sostenitore della religione civile, per lui la Costituzione era la Bibbia laica. Per questo motivo, ci piace raccontare un aspetto del presidente che difficilmente viene messo in luce, visto il clima che regna attorno alla Carta, con lo scontro pre-referendum. E cioè la sua visione laica dello Stato e la difesa della patria che nasce dalla Costituzione.
Una vera “rivoluzione semantica” aveva sottolineato in un libro uscito nel 2011, La Repubblica del presidente (Diabasis), lo storico Rosario Forlenza, docente a Princeton. Ciampi come creatore di un patriottismo repubblicano, lui che era militare il giorno dell’8 settembre e che fuggì per andare a combattere i nazifascisti aderendo poi al Partito d’Azione. «La Costituzione intesa come Bibbia laica – afferma lo storico in una intervista a Left del 15 aprile 2011 – significa che la patria non è la “terra dei padri”, ma è fondata sul vincolo civico tra i cittadini, quel patto di solidarietà che ci fa agire. E questo è un elemento inclusivo: appartengono alla patria tutti, chi mangia spaghetti e chi cous cous, tanto per intenderci».
Il concetto di patria, prima inquinato dal fascismo, poi dopo la guerra osteggiato dai partiti, con Ciampi assume un connotato laico e lontano da qualsiasi sirena conservatrice. «Per anni non si era parlato di patria e quando ci aveva provato An, lo aveva fatto sempre nell’ottica di terra dei padri; invece Ciampi prova a depoliticizzare la patria, che diventa quindi qualcosa che è prepolitico, ma non antipolitico», dice ancora lo storico a Left. In questo tentativo, il presidente ripensa l’identità nazionale nel senso della religione civile. Ma senza che questa sia la versione nazionalista della tradizione cattolica, come accadeva nei primi anni 2000 con gli “atei devoti” alla Giuliano Ferrara. Ciampi, infine, che riportò la festa della Repubblica, andata via via sparendo, come difensore della laicità e della separazione tra Stato e Chiesa, essendo per lui la religione solo un fatto personale.