Alle elezioni in Galizia e Paesi Baschi vincono tutti, tranne i socialisti di Pedro Sanchez. All’indomani dell’ennesima sconfitta nel Psoe, ormai, è guerra è aperta. E da questa guerra, e dalla formazione delle sue trincee, dipende il prossimo governo di Spagna. Che il partito di Sanchez sia spaccato in due non si può più nascondere: da una parte “el guapo” che ha in mente un “governo del cambio” con Podemos (e Ciudadanos), dall’altra i “baroni socialisti”, più propensi a un governo di larghe intese, a costo di sostenere Rajoy, e che oggi vedono nella debacle elettorale una buona occasione per chiedere a Sanchez di arrendersi.
La partita delle regionali doveva essere lo scossone per sbloccare la paralisi a Madrid. E siamo a poco più di un mese dall’ultima data utile – se prima che cominci novembre non si sarà trovata una soluzione di governo, re Felipe dovrà sciogliere le Camere e riconvocare le elezioni. A Pedro Sanchez non resta che accelerare. E giocare in anticipo, invitando al confronto aperto i “baroni” del suo partito che sono pronti a “chiedere la sua testa” dopo il terzo risultato deludente incassato (anche nelle due precedenti elezioni nazionali, il Psoe ha perso voti, molti voti).
Avanzamos en confluencia en Euskadi y Galicia. Un orgullo caminar a tu lado @agarzon ✊
— Pablo Iglesias (@Pablo_Iglesias_) 25 settembre 2016
Uscita a sinistra
Nella Galizia che ha dato i natali a Mariano Rajoy – e che oggi decide di riconfermare il suo erede Alberto Núñez Feijoo con la maggioranza assoluta (47,5%, 41 seggi sui 75 del parlamento locale), i popolari potrebbero ritrovare la strada del governo a Madrid. In Galizia e nei Paesi Baschi si consuma la terza vittoria alle urne per Rajoy. E anche alla sinistra del Psoe si registrano avanzamenti, la coalizione di sinistra “En Marea” (con Podemos), che è già al governo di A Coruna, esordisce alla regione con il 19% e sorpassa il Psoe (17,8%). Il sorpasso della sinistra sui socialisti si registra pure nei Paesi Baschi dove, però, a cantar vittoria sono i nazionalisti del Partito nazionalista basco (Pnv), una conferma per il presidente Inigo Urkullu che, però, con il 37,6% dovrà trovare degli alleati per una maggioranza stabile. Di fronte a lui, al momento, in ordine: gli indipendentisti di EH Bildu (21,2%), Podemos (14,8%), e le due forza tradizionali di Madrid in coda: i socialisti dimezzati (11,9%) e i popolari di Rajoy fermi al 10,1%.
Se la minoranza Psoe investe Rajoy
Se Pablo Iglesias questa mattina – e nonostante le polemiche con il suo numero due Íñigo Errejón – si è svegliato con un “tweet a pugno chiuso” ad Alberto Garzon, Pedro Sanchez al risveglio ha trovato il fiato sul collo di mezzo partito. La linea di Sanchez che vuole trattative con Podemos e governo “di cambiamento” non piace ai “baroni del suo partito” che puntano sull’andalusa Susan Diaz per sostituire “el guapo”. Lo scontro frontale dentro il Psoe, ormai, è vicino, il primo ring si terrà al consiglio federale del primo ottobre. Intanto Sanchez convoca un congresso straordinario per ottenere dai militanti una conferma della sua leadership ora azzoppata. In caso di scissione, la parte anti-Sanchez del Psoe potrebbe decidere di contribuire all’investitura di Rajoy prima della scadenza fatidica del 31 ottobre. Andando ad aggiungersi ai 170 deputati su cui il Pp può contare, e i cinque del Pnv, raggiungendo quota 175 su 350 al Congresso, e quindi la maggioranza.