Antieroe del Dada, anche se lui stesso aveva contribuito a fondarlo nel 1916 a Zurigo. Così Alberto Fiz definisce Jean Arp presentando la mostra che gli dedica il Museo nazionale Terme di Diocleziano fino al 15 gennaio (in collaborazione con Fondation Arp ed Electa). In effetti lo scultore francese fu una personalità davvero originale nel quadro delle avanguardie del primo Novecento. Seppe cogliere gli elementi più innovativi del Dada, del Costruttivismo russo e perfino del Surrealismo, senza restarne prigioniero.
Anzi, ne stimolò l’evoluzione, da movimenti di rottura delle convenzioni accademiche e di contestazione della società borghese, a nuova visione della modernità che mette al centro l’umano e il rapporto con la natura. Non fu molto ascoltato dai suoi colleghi, a dire il vero, molti dei quali si fermarono alla pars destruens. Ma riuscì a sviluppare una poetica personalissima.
Come si può vedere dal vivo nella bella e importante mostra monografica che presenta ottanta opere di Arp nelle aule delle Terme, dalla prima testa scolpita in Germania nel 1904 fino alle ultime realizzazioni come Femme Paysage del ’66. Le sue forme pure che ricreano forme organiche, policentriche, vitali, in questo suggestivo spazio sembrano entrare in risonanza con l’idea di felicitas a cui era improntata la costruzione delle terme pubbliche a Roma.
L’armonia, la morbidezza di forme, l’apparente semplicità delle sculture di Jean Arp hanno in realtà alle spalle una raffinata elaborazione filosofica nutrita di letture lucreziane e romantiche (in particolare del filosofo e poeta Novalis). Ma il risultato appare leggero, luminoso, vivo, come se il marmo, il bronzo, il gesso non avessero un peso reale, guizzando nella luce. Alle sculture a tutto tondo che emulano la crescita biologica e il suo progredire (a cui oggi si rifà palesemente Tony Cragg) si affiancano quelle ancor più suggestive che evocano nudi, immagini di donna che danzano.
Forse, omaggio d’amore alla compagna Sophie Taeuber-Arp, che era danzatrice e a sua volta artista. Ma rappresentata come immagine ideale, senza un volto descritto e riconoscibile. Come immagine indefinita, in movimento, eppure estremamente femminile. La carnalità, la superficie levigata di queste sculture che suggeriscono la morbidezza della pelle, è uno degli aspetti più affascinanti dell’opera di Arp scultore, dalle Concrétions humaines degli anni Trenta al grande Berger des Nuages, l’Aloux Aux Griffes con cui vinse la Biennale del ‘54. La scultura intitolata Hommage a Rodin sottolinea le radici romantiche dell’ispirazione di Arp. Altre, più essenziali, sembrano classiche, ma liberate dall’immobilità dell’antico.