«Molti artisti si sono messi al servizio di potenti e prepotenti. Di solito espongono le loro opere in gallerie d’arte. Qui si espone nella galleria dell’infamia». Così Erri De Luca commenta il progetto Taw, Tunnel Art Work, voluto da Telt (Tunnel Euralpin Lyon-Turin) e che vede tre street artists prestare la propria opera all’alta velocità nella tratta Torino Lione, dipingendo il contestato tunnel geognostico della Maddalena. Per il quale lo street artist Simone Fugazzotto ha realizzato, quasi a metà del tunnel, a 2800 metri dall’ingresso, un murale di 10 metri con un gigantesco cruciverba in cui s’incrociano le parole chiave della Torino-Lione: velocità, controllo, sottosuolo. Insieme a lui partecipano gli artisti Ludo e Laurina Paperina ( che curiosamente dipinge un romantico trenino d’altri tempi per sviare l’attenzione dall’impatto ambientale dell’alta velocità).
L’intenzione di Telt è chiara: usare la street art ( da sempre ribelle e libertaria) per propagandare il discusso progetto della Torino Lione, che incontra l’opposizione della popolazione locale. Mario Virano, direttore generale della società binazionale che sta costruendo la Nuova Linea Torino -Lione ha rilasciato dichiarazioni emblematiche :«questo è un esperimento, che non si fermerà oggi. La nostra volontà è di offrire questo nuovo spazio liberamente ad artisti che possano utilizzarlo come luogo di espressione culturale. Per troppo tempo questo cantiere ha subito polemiche e pregiudizi. Da sempre la modernità è stata accompagnata e celebrata dall’arte e i nostri primi tre artisti coinvolti non sono stati da noi minimamente condizionati».
Dura e chiarissima, la presa di posizione dei No Tav :«mascherata da operazione culturale è una goffa risposta alle nostre iniziative. Negli anni abbiamo avuto la fortuna di incontrare sul nostro cammino molti artisti di varie discipline che hanno messo a disposizione il proprio sapere e le proprie capacità per una giusta causa come quella NoTav. Pittori, writer, musicisti, scrittori, scultori, attori, artigiani, intellettuali e molti altri, hanno sempre scelto da che parte stare, schierandosi dalla parte di chi lotta per la libertà di tutti e tutte, per un futuro diverso da quello prospettato dalla voce del padrone. L’arte del resto è una forma di espressione che incarna la libertà, per chi la fa e per chi la vive e pensare di esporre all’interno di un tunnel che scava la montagna, contestato dalla popolazione del luogo, chiuso a tutti, con polizie ed eserciti a presidiarne gli ingressi ci sembra quanto meno surreale».
Il movimento NoTav non si limita alla critica, ma fa anche una proposta positiva: invitano Fugazzotto, Ludo, e Laurina Paperina a ricosiderare la decisione di partecipare ad «un evento di propaganda tanto esplicito quanto brutto». «Se lo vorranno, saremo ben lieti di ospitare i loro lavori all’aria aperta, tra le montagne, dove si respira la libertà, altrimenti potremo chiedere a Blu un aggiornamento della sua opera, inserendo anche un artista al fondo dell’allegro trenino». L’artista Blu, infatti, ha già disegnato una teoria di passeggeri che attraversano il tunnel carponi. Lo stesso Blu che, mesi addietro, aveva ritirato alcune sue opere da una mostra a Bologna, perché i graffiti erano stati staccati dalle pareti, decontestualizzati e messi al riparo in un museo con la scusa di proteggerli.
Non ha protestato invece Banksy rispetto alla recente mostra a Roma, organizzata dalla Fondazione Roma dal titolo Art and capitalism, vistosamente in contrasto con la location e la Fondazione bancaria che finanziava la mostra con opere di proprietà di vip e ricchi galleristi.
E qui si apre una questione annosa che riguarda il rapporto fra artisti e committenza e nel caso della street art fra writers e potere. Gli street artists hanno posto in modo radicale il rapporto fra arte e comunicazione pubblica, nell’accezione più ampia della parola. Perlopiù con formule e contenuti innovati, come fa notare il sociologo Alessandro Dal Lago, che nel libro Graffiti ( Il Mulino), scritto con Serena Giordano, ricostruisce la storia storia di questa forma di espressione artistica dalla preistoria ad oggi . Passando attraverso molte vicende che hanno portato alla diffusione popolare della street art, a cominciare dalla pittura dei muralisti messicani come Orozco, Diego Rivera e Siqueros, tra gli anni Dieci e Trenta del Novecento.
Ma se guardiamo all’oggi, fra tante proposte interessanti, dal basso, spiccano alcuni casi più difficili da inquadrare, di writers apparentemente contro, ma che hanno rapporti a doppio filo con il potere. Discorso scomodo da fare, perché anche chi scrive ha apprezzato in passato opere di Banksy e di Obey e continua a farlo, ma alcune operazioni come quella che citavamo di Banksy e l’impero del merchandising che Obey ha costruito intorno a sue opere ridotte a brand non riescono ad emozionare allo stesso modo. Sembrano lontani i tempi in cui Obey, con i suoi manifesti elettorali abusivi e carichi di speranza, aiutò indirettamente la campagna elettorale di Obama. Dovendo poi pagare i diritti della foto che aveva trasformato in un’opera coloratissima e altamente iconica.
Quanto all’Italia , la street art sta dilagando nei luoghi più diversi, dal basso, in maniera libera e “selvaggia”. E l’ala più vivace e imprevedibile di questo movimento di artisti armati di spray, di stencil ecc. continua a produrre opere interessanti. Oppure – come è successo a Tor Marancia a Roma e in altre città – la street art è fiorita su invito di amministrazioni comunali impegnate nel recupero di aree periferiche o degradate. Il caso della rinascita di Tor Marancia (di cui ci siamo già occupati in passato) viene raccontato da Tam associati nel padiglione italiano della XV Biennale di architettura a Venezia fino al 27 novembre. Ma questa “consacrazione”, per converso, ha anche riacceso le voci dei detrattori della giunta Marino che additano quella di Tor Marancia come un’operazione di mero maquillage. Qui non vogliamo addentrarci nelle questioni che riguardano il governo di Roma, ma appunto mettere in luce il rapporto, a volte dialettico e positivo, altre volte opaco, che i writers instaurano con il “potere”, prendendo spunto dalla stimolante riflessione di Alessandro Dal Lago e di Serena Giordano nel libro Graffiti, arte e ordine pubblico , come accennvamo .
Spesso gli street artists intervengono per aprire alla fantasia il grigiore imposto da amministrazioni conservatrici o per innescare un processo di riscatto di aree povere o lacerate da conflitti. Che poi però – e non per colpa degli artisti che hanno contribuito al loro rilancio – rischiano di diventare preda della gentrification e della speculazione. La vera trappola per i writers sono le mostre, che numerosissime stanno fiorendo in Comuni piccoli e grandi. È emerso con chiarezza quando Blu ha ritirato alcune sue opere staccate dai muri di Bologna. Ma anche più di recente a Roma con la personale di Banksy in Palazzo Cipolla. La mostra che ha chiuso i battenti il 4 settembre con un record di visitatori s’intitolava War, Capitalism & Liberty, ma esponeva opere realizzate dal misterioso artista inglese in anni diversi e di proprietà di facoltosi collezionisti. Opere che sembravano esangui poster ridotte alla dimensione espositiva da salotto. Nel museo romano le opere di Banksy sembravano addomesticate avendo perso tutta la forza di contestazione e di protesta che hanno invece in spazi pubblici. Pensiamo per esempio al suo barbone che, per strada, non chiede l’elemosina, ma un reale cambiamento. Oppure alla sua bimba che scala il muro di Gaza appesa a un palloncino. La differenza è abissale. Riflettere sul rapporto fra arte e potere come suggerisce Dal Lago in Graffiti e Mercanti d’aura non è affatto riprendere un tema superato, ma anzi oggi apre nuovi ambiti di discussione.
aggiornameto 18 ottobre 2016:
Erri De Luca l’ha definita la galleria dell’infamia. Anche perché l’azienda della Tav ha cooptato tre writers per dipingere il tunnel della Torino-Lione, plaudenti all’impresa contestata dagli abitanti della Val di Susa e dal movimento No Tav. La street artist Laurina Paperina ci ripensa dopo l’intervento dello scrittore su Left (leggi qui) e il messaggio di Wu Ming, mentre sta per uscire il libro di Wu Ming 1, Un viaggio che non promettiamo breve sulle lotte No Tav.
Ecco la sua lettera:
Salve a tutti,
scrivo questa lettera in risposta ai messaggi che mi sono arrivati riguardo alla mia partecipazione alla mostra nel cantiere di Chiomonte. La scorsa estate sono stata invitata dal curatore Luca Beatrice a partecipare a questo progetto, il cui scopo era far entrare l’arte in un luogo inusuale, dove solitamente l’arte non ha nulla a che fare; il lavoro l’ho realizzato mesi fa, il mio intervento è stato dipingere due dei treni che usano gli operai per lavorare nel cantiere, e l’ho fatto in maniera “inconsapevole”, convinta del fatto che il mio intervento non voleva essere né provocatorio, né tanto meno pro tav.
Leggere le vostre mail mi sconforta parecchio, non ero a conoscenza (mea culpa) di tutto quello che sta avvenendo in quella zona e mi dispiace che il mio intervento possa sembrare un’azione di propaganda, che ribadisco, assolutamente non è.
È vero che tempo fa ho ricevuto un messaggio di Wu Ming che mi chiedeva di non partecipare ma, purtroppo, il lavoro era già stato fatto e a quel punto non ho avuto la prontezza di riflessi nel prendere una posizione netta.
Molti di voi non mi conoscono e non conoscono il mio lavoro, quindi posso capire che questa faccenda possa sembrare strana, soprattutto per il fatto che quando posso cerco di dare il mio piccolo contributo per delle cause che ritengo giuste, come ad esempio contro il TTIP. Solo una persona pazza o bipolare potrebbe prima schierarsi contro questo trattato e poi fare una mostra con intenti Pro Tav…e, preso atto della situazione, non lo sono assolutamente.
Cordiali saluti
Laurina Paperina