La battaglia referendaria attraversa anche i luoghi di lavoro, d’altronde i primi endorsement clamorosi – ben prima di Roberto Benigni – sono giunti a Matteo Renzi da Confindustria e Sergio Marchionne e dalla leader della Cisl, Annamaria Furlan. Anche la Cgil, al di là del No inequivocabile del recente direttivo nazionale, è scossa dallo stesso dilemma con un’ala minoritaria ma combattiva che prova a marcare spazi a favore del Sì, come a Milano dove il comitato proriforme guidato da Piero Fassino s’è presentato nel salone della Camera del Lavoro (è lì che è stato detto che la vittoria del No sarebbe come la vittoria di Trump!), o a Pomigliano dove è stato annunciato un comitato per il Sì nientemeno che dentro la Fiat. Col pieno appoggio del Pd e di Marchionne che ha appena dovuto incassare una sonora sconfitta giudiziaria con il reintegro di cinque operai che aveva licenziato dopo una manifestazione contro i suicidi di loro colleghi.
E proprio i cinque ex-licenziati di Pomigliano, dalla fabbrica simbolo della Fca nel Sud, lanciano la proposta di Comitati operai per il No (un’assemblea è prevista per domani) intercettando sia i comitati di delegati del gruppo contrari alla riforma costituzionale, sia le energie più combattive della Cgil che già stanno promuovendo iniziative per il No da Nord a Sud nei posti di lavoro. «Perché siamo convinti che il Piano Marchionne, con questa “riforma” sia diventato il Piano Renzi – spiega a Left, uno dei 5, Mimmo Mignano – che quel disegno autoritario e di sottrazione dei diritti sia uscito dalle fabbriche pronto a contaminare tutto. È triste notare come le istituzioni siano già completamente subordinate alle “esigenze del mercato”.
Nella storia del nostro paese i referendum sono stati più volte una leva per espandere la democrazia ma non possiamo pensare che possano essere un espediente per bypassare il problema della mancanza di incisività delle lotte. Senza gli adeguati rapporti di forza, i referendum, nella migliore delle ipotesi vengono disattesi, come è successo per l’acqua pubblica, oppure, come è successo recentemente, non raggiungono il risultato previsto, creando ulteriore sconforto e delusione. Ora però sono in gioco le nostre condizioni di vita per i prossimi decenni, se vincesse il Sì sarebbe un punto di non ritorno». E intanto nei quartieri popolari di Napoli circola un furgoncino per portare il “giornale parlato” del No tra le persone più colpite dalla crisi. Si chiama il Poderoso, come la motocicletta del Che.